L’impiego della telemedicina in Cardiologia dimostra come possano essere raggiunti importanti risultati, soprattutto quando si parla di malattie del cuore come lo scompenso cardiaco.
Secondo Sebastiano Marra, Direttore del Dipartimento di Cardiologia di Villa Pia Hospital di Torino, infatti: «Negli ultimi anni l’uso della telemedicina ha ridotto del 30-35% la mortalità e del 15-20% le ospedalizzazioni. Questi risultati si hanno solo con una stretta collaborazione tra specialisti e tra medici e pazienti insieme alle relative famiglie».
Il dato è emerso alla Winter School 2022 di Pollenzo, organizzata da Motore Sanità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, evento di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da Mondosanità e da Dentro la Salute, durante la sessione “Cronicità e approccio integrato: le sfide per una filiera dell’offerta di diagnosi, azioni, controllo e formazione tecnologica – L’esempio dello scompenso cardiaco”. In questa occasione Marra ha snocciolato i dati di un quadro clinico che a livello nazionale pone degli interrogativi e soprattutto richiede delle soluzioni che oggi le nuove tecnologie possono garantire.
«La vita del paziente con scompenso cardiaco è purtroppo costellata da ricadute e da recidive di ricoveri ospedalieri – ha spiegato il dottor Marra -. Per ridurre questi disagevoli, pericolosi e costosi eventi ci si avvale del monitoraggio a distanza dei parametri vitali mediante la comunicazione di telemedicina. Con questo strumento si possono coglier in anticipo i segni di peggioramento rispetto ai sintomi clinici. Il peggioramento del quadro emodinamico si può percepire in anticipo sui sintomi soggettivi. Quindi si può prontamente correggere la terapia senza far venire il paziente in ambulatorio e si può evitare un probabile ricovero».
Lo scompenso cardiaco in Italia ha una prevalenza che oscilla tra l’1,5% e 1,7%, in tendenza incrementale soprattutto se si considera l’età che attualmente raggiunge la nostra popolazione: oltre agli 80 anni, per i due sessi. Si deve tenere conto che gli ultra ottantenni hanno più del 20% di questi individui. La durata media di un ricovero per scompenso cardiaco è di 9,5-10 giorni con le seguenti mortalità: ospedaliera 6-7%, a 30 giorni 10-11%, a 1 anno 25-28%. Il costo medio di un ricovero è di 3.190 euro. Interessante analizzare che circa il 60% dei pazienti sotto i 50 anni viene ricoverato in reparti di Cardiologia, mentre solo il 15-20% è accolta in Cardiologia sopra gli 80 anni. Questa differenza di ricoveri è dovuta al crescente numero di co-morbidità che colpisce la popolazione degli anziani che ne rende meno chiara la genesi dei sintomi.
Nel 2010, in Italia ha registrato circa 210.000 ricoveri con diagnosi di scompenso cardiaco. Una delle prime difficoltà viene dal fatto che circa il 40% di questi pazienti presenta un quadro di scompenso cardiaco con normale Frazione di eiezione del ventricolo sinistro, mentre il restante 60% si presenta con la classica riduzione della Frazione di eiezione. Questo primo dettaglio rende la diagnosi non immediata e può essere confondente.
Come concluso da Sebastiano Marra: «Una volta che viene fatta la diagnosi, quasi sempre in un quadro di collaborazione multidisciplinare tra internisti, cardiologi, nefrologi, geriatri, pneumologi, cardiochirurghi, si passa alla strategia terapeutica, che è fatta a gradini crescenti di interventi, in relazione alla età dei pazienti e alle evidenze dei difetti strutturali e alle comorbidità che questi presentano. Si va dalla ottimale terapia medica a quella di resincronizzazione del ventricolo sinistro, agli interventi riparativi coronarici (PCI) o valvolari percutanea (Tavi, Mitraclip,Triclip) fino alla assistenza meccanica del ventricolo sinistro mediante L VAD o trapianto cardiaco, qualora indicato e possibile».