Il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, nella sua funzione di istituzione organizzativa e decisionale, custodisce un enorme patrimonio informativo. Tuttavia, affinché queste informazioni siano interpretate e utilizzate a beneficio dei cittadini/pazienti sono necessarie non solo delle piattaforme tecnologiche, ma anche la conoscenza medica e farmaceutica.
Quello che è successo negli ultimi mesi, con l’epidemia da COVID-19, ha evidenziato quanto i criteri del Value Based Healthcare siano oggi indispensabili per l’identificazione e la gestione del dato sanitario e quanto sia urgente una vera e propria rivoluzione del settore della sanità e della medicina.
Una rivoluzione che pone al centro l’interoperabilità dei dati e che investirà in primo luogo il settore Life Science dove clinica, fabbisogno di salute ed economia sanitaria costituiscono i vertici di un triangolo popolato dai Big Data. Da questa consapevolezza, InterSystems e McCANN Health Italia hanno organizzato una tavola rotonda virtuale, dal titolo “Impatto del digitale sulla catena del valore del settore life science: è possibile immaginare un ‘marketplace’ dei dati clinici?”. Il dibattito congiunto dedicato all’impatto del digitale sulla catena del valore di aziende del life science, si è svolto a porte chiuse e alla presenza di rappresentanti del Ministero della Salute, delle istituzioni sanitarie regionali e locali e di aziende farmaceutiche e Contract Research Organization (CRO).
Dalle riflessioni comuni durante i lavori è emerso uno scenario della sanità italiana che dimostra l’urgenza di una grande svolta per essere competitivo con gli altri paesi esteri e per garantire il benessere e la salute dei cittadini.
In Italia la digitalizzazione in sanità stenta a partire con slancio e, nonostante gli orientamenti specifici sulla digitalizzazione in sanità del Piano triennale sull’informatica nella pubblica amministrazione approvato quest’anno, la risposta nazionale non è omogenea.
Attualmente solo in 8 regioni su 20 i medici si avvalgono all’80% dell’uso della cartella clinica elettronica, mentre in 7 su 20 l’utilizzo è al di sotto del 20%. Servono sistemi informativi e infrastrutture, modelli predittivi e diffusione del fascicolo sanitario elettronico per potenziare l’assistenza ai pazienti in ottica digitale. “Ci sono ancora molte questioni aperte – spiega Fidelia Cascini, Membro Coordinamento task-force dati per l’emergenza Covid-19 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri a partire da un miglioramento quali-quantitativo delle informazioni sanitarie pubbliche al servizio del cittadino –. È importante la trasparenza dell’informazione in una logica open data ed è questo un obiettivo del Ministero della Salute per meglio esprimere la vicinanza al cittadino. Occorrerà una chiara regolamentazione, anche a proposito dello scambio di dati sanitari a livello internazionale”.
È necessario che anche nella pubblica amministrazione si ragioni portando al centro il cittadino, affinché definisca e rilasci il consenso al trattamento delle diverse tipologie di dati, per poter usufruire di tutte le informazioni utili al progresso scientifico, a prescindere dal modello regionale adottato.
Al tempo stesso, in parallelo con una politica normativa che rassicuri il cittadino sul trattamento corretto dei propri dati, sarebbe auspicabile anche un’azione informativa sul valore etico della cessione delle proprie informazioni sanitarie, perché il dato è un dono alla società per il bene comune. Il cittadino che fa dono dei propri dati dovrebbe essere consapevole del vantaggio diretto che ne trarrebbe in termini, ad esempio, di avanzamento della ricerca scientifica o soltanto nella semplificazione del proprio accesso a cure e controlli di routine.
Il COVID-19 ha messo in evidenza una tendenza da invertire rapidamente sull’uso marginale del fascicolo sanitario elettronico e il suo basso valore nella percezione del cittadino. Dalla discussione avviata con istituzioni e aziende è chiaro il bisogno di colmare la carenza di chiarezza e trasparenza nei modelli di partnership per l’uso delle informazioni sanitarie di ciascuno, affinché siano a disposizione della salute di tutti.
Anche le aziende farmaceutiche si stanno muovendo per essere parte della discussione sul dato che è elemento primario nelle evidenze e nel follow-up di qualunque studio clinico.
L’apertura di un dialogo con ospedali e Regioni sarebbe auspicabile e interessante per trovare la giusta modalità per lavorare insieme. L’Italia può avere l’opportunità di diventare più attrattiva rispetto ad altri paesi che oggi stanno procedendo più velocemente.
“Abbiamo portato intorno allo stesso tavolo: clinici e ricercatori ospedalieri, direttori generali e regionali, e soprattutto rappresentanti delle aziende del life science – dichiara Cesare Guidorzi, Country Manager di InterSystems Italia –. Il life science è un mondo estremamente complesso e specializzato, così come il mondo della sanità ospedaliera, pertanto chi appartiene all’uno conosce ancora troppo poco dell’altro e normalmente questo aspetto di iper-specializzazione settoriale complica un dialogo che è invece di fondamentale importanza. In particolare, questi due settori, che sono parte del medesimo ecosistema, si intersecano sempre più frequentemente proprio nello spazio dei dati e delle informazioni cliniche sul paziente”.
Alessio Carli, Amministratore Delegato di McCann Health Italia aggiunge: “L’innovazione in salute si deve basare sui dati, sulla verità e sulla forza delle evidenze che si originano dal dato per dare un contributo alla catena del valore. I temi di liquidità, interoperabilità e sicurezza dei dati sono diventati urgenti più che mai e vanno affrontati, perché è evidente la necessità di un potenziamento della ricerca scientifica per il benessere di tutti”.
I dati valgono quanto un farmaco salvavita, ma perché abbiano un beneficio diretto e immediato per i pazienti e gli HCP, devono essere prodotti da un sistema unificato che non li renda solo burocrazia, ma ne tragga vantaggi diretti per tutti.