A partire dagli anni ’80, la capacità di archiviazione digitale nel mondo è cresciuta esponenzialmente, raddoppiando ogni 40 mesi; solo nel 2020, ogni 2 giorni sono stati creati 5 miliardi di Gigabyte di dati. In ambito sanitario, il tasso di crescita dei dati generati è anche superiore alla media registrata in altri settori. Per fare il punto su come raccogliere, interpretare e condividere la mole enorme di informazioni di cui oggi disponiamo, si è tenuto il convegno “Big Data, Good Data, Smart Data nella ricerca e nella pratica cardiovascolare”, primo evento ufficiale della Rete Cardiologica italiana, organizzato da MultiMedica presso l’IRCCS di Sesto San Giovanni, alla presenza di esponenti di spicco delle Istituzioni, del mondo ospedaliero e accademico.
La sanità oggi ha una quantità di dati immensa ma molto frammentata, poiché deriva da innumerevoli fonti diverse (dalla cartella clinica al fascicolo sanitario elettronico, dai dati di imaging a quelli provenienti da device indossabili e App) e non viene raccolta secondo modalità omogenee. Una tale complessità di informazioni richiede strumenti di analisi sempre più sofisticati: diventa così essenziale creare strategie combinate che uniscano i migliori ingegni tra medici, esperti di ricerca avanzata in ambito matematico e di analisi informatica, per riuscire a trarre dai dati il massimo della conoscenza. Su questo fronte, l’Italia sta dando una grande accelerata, stanziando il triplo degli investimenti della Germania e il doppio della Francia per l’informatizzazione della medicina.
Per identificare dei fattori comuni di raccolta e analisi dei dati, è nato il progetto Health Big Data: finanziato dal Ministero della Salute con un investimento pari a 55 milioni di euro, tra i più importanti mai stanziati in quest’ambito, coinvolge i 51 IRCCS italiani (la Rete Cardiologica, Oncologica, Pediatrica, delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione), in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il progetto, che si articola su 10 anni, punta a costruire una piattaforma IT federata, che permetta di valorizzare quanto già presente nei singoli IRCCS e nelle loro Reti per raccogliere, condividere e processare i dati clinico-scientifici dei pazienti, codificandoli in modo uniforme.
“Negli ultimi 5-10 anni i Big Data sono diventati parte integrante nello studio delle malattie cardiovascolari”, ha spiegato il prof. Gian Franco Gensini, Direttore Scientifico IRCCS MultiMedica e membro del Consiglio Direttivo della Rete Cardiologica IRCCS. “In particolare, le informazioni provenienti dai registri di patologia e da fonti di raccolta secondaria permettono un monitoraggio del profilo epidemiologico di molte malattie croniche, la valutazione dei percorsi di diagnosi e cura, nonché la valutazione del profilo beneficio-rischio-costo di terapie farmacologiche e dispositivi medici. Stiamo andando sempre più verso una medicina predittiva e di precisione, in cui conoscere a fondo la singola persona potrà consentire di valutare i suoi fattori di rischio e offrire una terapia il più possibile su misura. Qui i Big Data possono giocare un ruolo importante ma, per creare valore, le informazioni devono essere di qualità, raccolte in modo armonico e integrato, in una logica di interoperabilità. Solo così si potranno avere concreti vantaggi per la ricerca, per i pazienti e per il SSN. I casi presentati durante il convegno dimostrano la vitalità con cui l’Italia sta affrontando il problema, chiamando a raccolta e mettendo a sistema tutte le energie scientifiche e mediche che possono esprimere gli IRCCS. La Rete Cardiologica, ad esempio, ha attivi ad oggi 10 studi clinici, costruiti prevedendo la condivisione dei dati tra i diversi partner”.
In particolare, la Rete Cardiologica ha avviato due studi interessanti di raccolta dati cardiovascolari su vasta scala nel mondo reale. Il primo è il Progetto CardioCovid Risk, partito ad aprile 2020 in 10 IRCCS, che mira a studiare le complicanze del virus SARS-CoV-2 a carico del cuore e dei vasi sanguigni, nella fase di ricovero e follow up dei pazienti, offrendo quindi la possibilità di raccogliere informazioni utili a comprendere meglio il cosiddetto long Covid. Il Progetto CV-Prevital, invece, il più ampio e innovativo programma di prevenzione primaria cardiovascolare nella popolazione italiana, punta ad arruolare 80mila soggetti in condizioni “real life”, coinvolgendo 14 IRCCS, medici di medicina generale e farmacie, con l’obiettivo di combattere la cronicità partendo dai fattori di rischio, prima che si sviluppi la patologia.
I Big Data rappresentano un patrimonio informativo immenso che, se adeguatamente sfruttato, potrà portare innumerevoli vantaggi nei percorsi diagnostico-terapeutici, nella ricerca scientifica e nella programmazione sanitaria, permettendo di definire la cura migliore per il singolo paziente, riducendo i tempi necessari per identificare nuove promettenti molecole e supportando politiche di salute pubblica più consapevoli, in funzione degli effettivi bisogni della popolazione, ma anche favorendo una sorveglianza sanitaria proattiva, per il controllo tempestivo delle emergenze pandemiche.
“L’importanza dei Big Data in medicina va oltre l’analisi di grandi numeri”, ha ribadito il prof. Giuseppe Ambrosio, Vice Direttore Scientifico IRCCS MultiMedica e Ordinario di Cardiologia presso l’Università degli Studi di Perugia. “Le tecniche di Intelligenza Artificiale permettono di replicare i processi logici del pensiero umano con vantaggi enormi. Analizzare in brevissimo tempo migliaia di informazioni consente risultati altrimenti impossibili, come lo screening di farmaci che possano avere effetti su altri sistemi, quali l’infezione da COVID. Oppure l’analisi ‘agnostica’ di dati clinici, che fornendo una valutazione oggettiva non influenzata dalle conoscenze dell’operatore consente diagnosi riproducibili e omogenee, applicabili in contesti nei quali non sia disponibile personale esperto (es. sul territorio, nelle catastrofi)”.
“La disponibilità di una quantità enorme di dati è una grande opportunità sotto il profilo dell’avanzamento delle conoscenze, ma con qualche cautela deontologica”, ha concluso il prof. Lorenzo G. Mantovani, Direttore dell’Unità di Value-Based Healthcare IRCCS MultiMedica/Università degli Studi di Milano-Bicocca. “Gli sviluppi più interessanti verranno dall’integrazione di dati provenienti da diverse fonti, ad esempio clinici e amministrativi, che ci permetterà di effettuare osservazioni più profonde, più estese, più granulari e contemporaneamente meno onerose. La nota di cautela riguarda l’uso che ne faremo: disporre di dati non significa ipso facto produrre informazioni e generare conoscenza. Sono necessarie cultura epidemiologica, conoscenza di dominio clinico ed etica della ricerca e della comunicazione”.
L’evento FAD organizzato dall’IRCCS MultiMedica resterà disponibile online sul sito www.convegnocardiodata.it fino all’11 maggio 2022 e darà diritto a 7 crediti ECM.