L’inclusività nei posti di lavoro è un must. Ogni cittadino deve avere il diritto di svolgere il proprio lavoro e, in questo, la tecnologia gioca un ruolo importante, soprattutto l’Intelligenza Artificiale (AI).
Il 51% dei lavoratori con disabilità in Italia considera l’Intelligenza Artificiale uno strumento che facilita le proprie attività. Il 63% la utilizza con frequenza almeno settimanale, una percentuale molto più alta rispetto ai lavoratori senza disabilità (37%). Oltre la metà ritiene che l’AI renda il lavoro più interessante e che apprenderne le funzionalità sia più semplice rispetto ad altre tecnologie. I vantaggi correlati all’uso dell’AI, inoltre, sembrano favorire l’inclusione in azienda: il 57% dei lavoratori con disabilità, infatti, considera l’AI un valido supporto parallelo alle attività di supervisione “umana” per ridurre le disparità. E per il 52% il suo utilizzo può dare una spinta rilevante per rafforzare l’equità in azienda.
Disabilità e Intelligenza Artificiale: casi d’uso
I principali usi dell’Intelligenza Artificiale per le categorie più fragili riguardano la risoluzione di problemi nelle proprie mansioni (62%), la scrittura di curriculum o di lettere di presentazione (59%) e lo svolgimento di attività di back office (56%), con vantaggi che appaiono ormai irrinunciabili: il 42% di questi lavoratori lascerebbe la propria occupazione se non gli venissero offerte occasioni di sviluppo delle competenze AI. Lo evidenzia il nuovo Workmonitor Pulse, un’indagine sulle trasformazioni del mercato del lavoro realizzata da Randstad in 15 Paesi, che nell’ultima edizione ha intervistato, solo in Italia, un campione di 800 lavoratori appartenenti a diverse generazioni, profili e settori, tra cui un 25% portatori di una disabilità sia grave che lieve (200 intervistati).
I dati della ricerca
L’approccio delle imprese
Il 47% delle persone con disabilità si dice entusiasta di utilizzare l’Intelligenza Artificiale in azienda, una percentuale simile a quella degli intervistati senza disabilità (43%). Dai dati, tuttavia, emerge anche che le aziende sono più propense all’utilizzo dell’AI se parliamo di lavoratori più fragili: il 56% di questi dichiara di aver avuto accesso a opportunità di apprendimento e aggiornamento, contro il 35% dei lavoratori normodotati. Inoltre, quasi metà degli intervistati con disabilità afferma che il datore di lavoro consenta loro di usare l’AI per attività relative al proprio ruolo (rispetto al 39%), e che il suo utilizzo andrebbe ancor più incoraggiato. In linea generale, l’Italia si attesta al di sopra della media globale per possibilità di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nelle imprese (+3%), di accesso all’apprendimento da parte del datore di lavoro (+5%), e di qualità della formazione offerta (+3%).
Intelligenza Artificiale e percezione di equità
Oltre metà dei lavoratori italiani ritiene che l’Intelligenza Artificiale sia un supporto parallelo alle attività di “supervisione umana” per ridurre le disparità. I riscontri sono positivi sia tra i lavoratori con disabilità (57%), sia senza (55%). Nello specifico il 52% delle persone con disabilità considera l’uso dell’AI come un elemento per rafforzare ulteriormente l’equità sul luogo di lavoro, rispetto al 40% dei colleghi normodotati. Il 51% ritiene che la sua adozione abbia migliorato l’accessibilità nel proprio ruolo, e il 53% che possa essere d’aiuto anche in futuro per la propria mansione. Negli ultimi 5 anni viene percepito un clima di maggiore uguaglianza sul luogo di lavoro, sebbene il 40% delle persone con fragilità abbia dovuto affrontare nel suo percorso discriminazioni o pregiudizi. Il 48% di loro nota una generale diminuzione di comportamenti discriminatori, un miglioramento avvertito in misura inferiore dalle donne il (43% vs 52%)
Competenze e adozione dell’AI
Oltre metà degli intervistati ritiene che l’aggiornamento delle competenze legate all’AI sia essenziale per il proprio ruolo nei prossimi 5 anni, e questo vale ancor di più per i lavoratori con disabilità (59% vs 51%). Questi ultimi, in particolare, vorrebbero aumentare la formazione sull’Intelligenza Artificiale per tutelare futuro professionale e potenziale retributivo (61% vs 50%). Le competenze legate all’Intelligenza Artificiale sono considerate un plus per risultare più attrattivi all’esterno in caso di ricerca di nuove opportunità, in modo trasversale. Ma l’Intelligenza Artificiale può rappresentare anche uno strumento per favorire gli scambi con i colleghi, ad esempio con coloro che non parlano la nostra lingua. Si tratta di una possibilità sfruttata maggiormente dai lavoratori con disabilità (46%), rispetto al vs 32% dei normodotati.
Principali utilizzi dell’Intelligenza Artificiale
Gran parte degli intervistati (il 42%) utilizza l’AI per svolgere attività non di back office (come creazione di contenuti, scrittura di e-mail o testi), il 41% la impiega per il back office, mentre il 39% per risolvere problematiche sul lavoro. Il 34% si è servito dell’Intelligenza Artificiale per scrivere curriculum o lettere di presentazione. Nel caso delle persone con disabilità e dei lavoratori più giovani il modo di utilizzo cambia sensibilmente: la risoluzione di problemi è il principale utilizzo dell’AI (rispettivamente 62% e 67%), seguito dalla scrittura del cv (59% e 63%) e dai compiti di back office (56% e 54%).
Dichiarazioni
“L’Intelligenza Artificiale apre a grandi opportunità nella quotidianità dei lavoratori e, se correttamente integrata da azioni organizzative, può rappresentare anche uno strumento per favorire l’inclusione”, dichiara Marco Ceresa, Group CEO Randstad. “I lavoratori italiani mostrano grande interesse nell’uso di questa tecnologia, per i vantaggi nell’efficienza, nello sviluppo professionale, come anche nella creazione di maggiore equità. Tra i lavoratori con disabilità, in particolare, emerge con forza la richiesta di rendere più accessibile il lavoro, e proprio l’AI è vista come una possibile risposta, complementare al ruolo umano. L’integrazione dell’AI nel lavoro, garantendo un approccio responsabile, è una sfida complessa, ma la fiducia espressa dai lavoratori fa ben sperare che si possano aprire nuove prospettive”.