All’inizio di quest’anno il successo social di un farmaco per il diabete, promosso e lodato per le sue proprietà dimagranti da influencer più o meno noti, ha creato un fenomeno economico e sanitario dall’impatto inaspettato, che al contempo ha trainato la crescita della multinazionale Novo Nordisk e messo a repentaglio la reperibilità del medicinale in diverse parti del mondo. Ed è proprio il caso Ozempic lo spunto all’origine della nuova ricerca di Toluna, digital market research agency, volta a indagare il rapporto degli italiani con i “pharma-influencer” e a fornire insight preziosi alle aziende del settore per un utilizzo vincente dei canali social. La survey, condotta a settembre, si è svolta in due step: una community online di 30 follower di almeno un influencer del mondo salute è stata coinvolta per un’analisi qualitativa, mentre uno studio quantitativo ha interpellato 1000 rispondenti online. Ecco i risultati emersi.
Chi sono i pharma-influencer?
2 intervistati su 3 seguono almeno un influencer che parla di salute sui social. Il tema si declina in diverse macroaree: alimentazione (40%), salute fisica (38%), salute mentale (28%), cura degli animali domestici (21%) e dei bambini (14%).
Non esiste, rivela l’indagine, un’unica figura riconosciuta come adatta a parlare di salute sui social, anche se maggior credito viene dato agli esperti del settore (soprattutto psicologi, personal trainer e dietologi o nutrizionisti), la categoria più seguita in ambito health (66%). Al loro fianco troviamo, poi, anche content creator che offrono consigli (32%), influencer che raccontano la propria vita (28%) e celebrità del cinema o della TV (20%).
Sponsorizzazione retribuita o il parere di un amico?
La promozione di prodotti da parte di questi influencer è per lo più percepita dai partecipanti alla survey come un consiglio amichevole. Oltre 1 su 2 dichiara, infatti, di apprezzare che suggeriscano prodotti per la salute e il 46% afferma di fidarsi di ciò che sponsorizzano perché provati da loro in prima persona.
Almeno 1 rispondente su 3 tra chi segue pharma-influencer sui social ha acquistato prodotti perché suggeriti da un creator. Tra i più scelti gli integratori alimentari, i prodotti per la cura e l’igiene personale, l’esercizio fisico e l’alimentazione animale e quelli legati alla gestione di sonno, ansia e stress.
Pharma-influencer tra percezione positiva e potenziali problematiche
Nel confronto con il personale medico, i pharma-influencer lo eguagliano o addirittura superano in alcuni campi: secondo chi ha già concretizzato un acquisto dietro loro suggerimento, gli influencer sarebbero particolarmente adatti per consigli veloci (53%), facili (58%) e pratici (61%).
Il connubio tra social e salute è quindi totalmente positivo? Tra gli intervistati la percezione è favorevole: gli influencer sarebbero uno stimolo al miglioramento personale e contribuirebbero a sdoganare temi una volta tabù come il supporto psicologico. Ciononostante, i consumatori sono consapevoli delle potenziali problematiche: esprimono dubbi sulle effettive competenze dei creator e timori che la prospettiva di guadagno possa mettere in secondo piano la salute dei follower.
Di fronte a queste aree grigie, i consumatori chiedono più controlli per essere certi di potersi fidare (solo il 53% ne è convinto). Quasi 8 su 10, infatti, credono che parlare di salute sui social debba essere oggetto di regolamentazione e permesso solamente a chi possiede certificazioni professionali.
Il bisogno di una conferma esterna
Come si bilanciano, dunque, questi due aspetti della relazione con i pharma-influencer? I consumatori si sentono in dovere di essere proattivi, vigili e selettivi. Il 71% dei rispondenti sente così il bisogno di verificare le informazioni diffuse dai pharma-influencer, leggendo ad esempio le recensioni di altri acquirenti, facendo ricerche online o confrontandosi con il farmacista.
“Pur apprezzando la comunicazione ‘tra pari’ con gli influencer, i consumatori sono consapevoli delle potenziali criticità. – commenta Mariateresa Gaglione, Enterprise Account Manager di Toluna – Sentono, però, che il peso del controllo delle informazioni è sulle loro spalle: cercano una rassicurazione esterna, una certificazione di affidabilità. Si rischia, altrimenti, che vengano sottostimate le conseguenze su se stessi e su più ampia scala, proprio come successo con Ozempic.”