“Il Governo inserisca nella manovra la cancellazione del payback altrimenti le aziende del settore rischiano di chiudere i bilanci in perdita, di deteriorare il rating delle banche, che garantisce proprio alle aziende accesso al credito. Questo significa far fallire un settore che eroga salute e lasciar pagare ai cittadini le spese sanitarie di tasca propria, rinunciando alla sanità pubblica e all’innovazione tecnologica. E tutto ciò senza che arrivi nel concreto un euro nelle tasche del Governo”. Questo l’appello lanciato dal Presidente di Confindustria Dispostivi Medici, Massimiliano Boggetti, al Forum Risk Management in Sanità di Arezzo nell’ambito del convegno “Innovazione e sicurezza dei dispositivi medici – La governance del settore”.
“Sono centinaia le imprese su cui impatta il payback, che rischiano di fermarsi e chiudere: ormai l’accesso al credito – ha spiegato il Presidente Boggetti – è diventato complicatissimo per via delle note difficoltà degli istituti bancari a erogare liquidità in questo momento. E con il payback le imprese dovranno accantonare poste di esercizio, fra l’altro indeducibili, che faranno chiudere il 2022 con bilanci in perdita, che abbassano il rating bancario e l’accesso ai crediti bancari, essenziali per l’operatività aziendale. Questo non è altro che un modo per portare le aziende al fallimento per mancanza di cassa con conseguenze catastrofiche per l’occupazione, i territori e la qualità della salute. Se le nostre imprese chiudono si potrebbero non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, agli ospedali; la qualità delle tecnologie mediche rischia di abbassarsi; i medici si troveranno costretti a lavorare senza avere le tecnologie all’avanguardia fondamentali per poter esercitare al meglio la professione e in ultima istanza essere disincentivati a rimanere nel nostro Paese, preferendo l’estero. Le conseguenze per i cittadini sono altrettanto gravi: senza risorse destinate alla Sanità e senza imprese che la riforniscono, sempre più persone non avranno accesso alle cure con un notevole impoverimento dell’offerta e della qualità dei servizi sanitari”.
Secondo Boggetti se le Regioni continuano a bandire gare la cui somma dei valori aggiudicati supera il fondo sanitario a disposizione e il Governo non aumenta le risorse destinate alla Sanità, non saranno le imprese dei dispositivi medici a potersi far carico degli sforamenti di spesa pubblica. “È inaccettabile che il Governo – ha concluso Boggetti – non capisca l’impatto di un tale sistema sull’industria della salute e non comprenda le dinamiche e le conseguenze di questo provvedimento. Perseverare nel mantenimento dei tetti di spesa e di meccanismi quali il payback e le gare al ribasso significa contribuire a rendere l’Italia un Paese sempre meno appetibile per investimenti nazionali ed esteri, quando invece abbiamo bisogno di far tornare in Italia produzione e ricerca. Realizzare un reshoring, soprattutto nel caso dei dispositivi medici, significa investire su un settore in grado non solo di tutelare il Paese di fronte ad altre eventuali emergenze sanitarie, ma anche capace di far crescere il tessuto industriale in un comparto che è considerato oggi uno dei più promettenti, in grado di generare PIL e occupazione”.
Sono oltre 100 i ricorsi presentati ai TAR dalle aziende dei dispositivi medici sull’attuazione del payback in riferimento all’articolo 18 del Decreto Legge Aiuti bis e al decreto del Ministero della Salute che detta linee guida di attuazione del payback. E proprio in questi giorni sono arrivate le lettere delle Asl con richiesta di pagamento per il periodo 2015-2018 da evadere entro 30 giorni. Con i ricorsi viene contestata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge, la non conformità con il diritto eurounitario e la violazione di norme di legge preesistenti. All’atto pratico, le imprese che forniscono in virtù di una gara vinta, non hanno alcuna evidenza se il tetto regionale verrà sforato, né sono in grado di ipotizzare se e quanto saranno chiamate a restituire. Tale sistema non è compatibile con i principi contabili costituzionali che prevedono che i bilanci dello Stato siano prudenti, veritieri, realistici e fondati sull’attendibilità delle previsioni passate. Infatti, definendo i tetti di spesa regionali in maniera retroattiva non si tiene conto della mancata, ma necessaria, conoscenza da parte delle imprese di quale sia più o meno il budget di spesa a loro disposizione. Senza considerare che su quei bilanci le imprese hanno pagato le tasse, che non verranno mai restituite.