L’Alzheimer rappresenta una delle più comuni forme di demenza e colpisce oltre 55 milioni di persone nel mondo: in Italia si contano circa 1 milione di casi, per la maggior parte oltre i 60 anni. Dato il progressivo aumento della durata della vita, si stima che i numeri siano destinati a crescere in modo costante, arrivando ad un raddoppio dei casi tra 20 anni.
Per sensibilizzare su questa patologia attraverso l’esperienza di chi – a diverso titolo – è costretto a conviverci, è nato il progetto REMIND. Real Experience and Memories In care: Narrating Alzheimer Dementia, supportato da GE HealthCare Italia. Questo e-book (scaricabile QUI) rappresenta la prima esperienza di interconnessione tra formazione e ricerca narrativa in neurologia e geriatria ed è un esempio concreto di apprendimento d’azione: una metodologia che permette di imparare dall’esperienza.
Nei pazienti affetti da Alzheimer le cellule cerebrali subiscono un processo degenerativo che porta, in prima istanza, alla manifestazione di deficit di memoria e successivamente a disturbi legati al linguaggio, progressiva perdita dell’autonomia e delle funzioni primarie. Sebbene la scienza abbia identificato nella proteina beta-amiloide la causa della progressiva distruzione delle cellule, non esiste una cura e la speranza rimane legata alla prevenzione. Ad oggi grazie a nuove tecniche è possibile determinare la quantità di proteina che si accumula nel cervello, consentendo così l’identificazione dei soggetti più a rischio. Un grande contributo, per combattere l’Alzheimer, rimane la prevenzione: “allenare la mente e il fisico per proteggere il cervello”, abbattere i fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo della malattia quali ipertensione, diabete, obesità, fumo, scarsa attività fisica.
La grande sfida per i sistemi sanitari, in particolare in Italia che è tra i Paesi più longevi, è quella di promuovere stili di vita salutari negli anziani e di intercettare le forme precoci di declino cognitivo per attuare da subito terapie adeguate: una sfida impegnativa, anche da un punto di vista economico, ma con enormi ricadute sanitarie e sociali.
Il progetto REMIND nasce con l’idea di creare, attraverso narrazioni autentiche, consapevolezza attorno a questa patologia e a tutte le sue sfaccettature. La prima fase ha previsto una serie di incontri di formazione che sono stati propedeutici a sviluppare la parte pratica. I medici partecipanti hanno raccolto 42 narrazioni di pazienti, familiari e caregiver. I pazienti, soprattutto quando diagnosticati precocemente, hanno potuto narrare per iscritto la coesistenza con l’Alzheimer, indicandone la principale paura come la perdita della memoria e soprattutto dei ricordi affettivi. I caregiver hanno raccontato cosa voglia dire entrare in contatto quotidianamente con persone affette da questa fragilità e della fatica che richiede anche in termini di sentimenti ed emozioni. La parte relativa ai medici ha messo in luce il disarmo nei confronti dei pazienti, poiché non vi sono, ancora, farmaci che possano aiutare il contenimento della malattia, ma ha fatto emergere la necessità di un nuovo approccio medico che si possa prendere cura dell’esistenza del paziente e dei suoi cari e li accompagni in questo percorso.
Maria Giulia Marini, Director di ISTUD, ha dichiarato: “Il progetto REMIND è un progetto unico nel suo genere perché, nell’esplorare e comprendere la vita delle persone affette da malattia di Alzheimer, offre la possibilità di far luce sui loro vissuti e su come questi si intrecciano ed influenzano i rapporti di cura con i familiari ed i professionisti sanitari. Un progetto che lega i pensieri e le emozioni di tutti i suoi attori evidenziandone le risorse ma anche le ansie, le paure, le incomprensioni ed i bisogni normalmente taciuti. La forza di questo studio deriva proprio dalla triangolazione delle testimonianze di queste tre categorie, protagoniste indiscusse in questo habitat complesso, dove anche la malattia cede spazio all’espressione autentica dell’esperienza. Grazie alle testimonianze delle persone chiamate a narrarsi, si raggiunge il difficile obiettivo di avvicinarsi alla parte più profonda del vissuto di malattia del soggetto affetto da Alzheimer e di chi se ne prende cura”.
“Nel considerare la narrazione come strumento clinico è importante ricordare che la demenza “non cancella la vita”: la malattia non elimina la capacità di dialogo tra l’ammalato e chi vive intorno a lui. È un rapporto che si modifica con il tempo, ma che anche nelle fasi più avanzate rimane importante, perché la relazione non scompare mai. È necessario sconfiggere qualsiasi stigma nei confronti della malattia, perché è una condizione che impedisce le relazioni. La lettura attenta, partecipe ed accurata dei messaggi che il paziente invia deve permettere un’interpretazione che porti a precise conclusioni terapeutiche” ha commentato il Prof. Marco Trabucchi, Past President dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e direttore scientifico del progetto REMIND.
“La Malattia di Alzheimer rappresenta una delle sfide sanitarie più grandi del nostro secolo” ha aggiunto William Vaccani, General Manager PDx GE HealthCare Italia. “I recenti sviluppi nel trattamento dell’Alzheimer danno una grossa speranza per i pazienti ed i familiari che seguono il percorso della malattia. GE HealthCare sviluppa tecnologie e farmaci diagnostici che permettono di supportare l’intero processo diagnostico, di pianificazione della terapia e monitoraggio: siamo pronti a supportare i clinici per fornire una diagnosi precisa ed i pazienti per accedere alle nuove terapie attraverso una diagnosi precoce di PET amiloide. Una revisione sistematica di 32 studi tra il 2012 ed il 2020 ha dimostrato come la diagnosi attraverso PET amiloide ha aumentato l’aspettativa e qualità di vita da 3 a 55 giorni rispetto ai pazienti sottoposti ad un normale work up diagnostico con un notevole risparmio sul sistema sanitario[1].”