Con l’emergenza sanitaria globale anche in ambito sanitario si è assistito ad un’accelerazione dei processi di digitalizzazione tanto che oggi possiamo dire che i cittadini da una parte e le organizzazioni sanitarie dall’altra, anche in Italia, hanno preso confidenza con gli strumenti che l’innovazione tecnologica ci mette a disposizione.
In attesa di un quadro normativo più chiaro e definito, che dovrebbe andare a delinearsi con precisione nel corso dell’anno, le organizzazioni sanitarie e socioassistenziali si trovano di fronte alla sfida impegnativa di progettare servizi di sanità digitale. Un’attività che va affrontata con un approccio strategico, da realizzare con partner specializzati al fine di creare valore per il paziente, per le figure sanitarie coinvolte oltre che per le strutture che erogano questo tipo di servizi.
Comarch è una software house multinazionale che nasce per supportare le aziende nel loro percorso di digital transformation, fornendo software proprietario, consulenza e servizi di integrazione. Da dieci anni è presente sul mercato italiano con la sua divisione Healthcare che si occupa di fornire soluzioni per i vari attori del mondo sanitario (dagli ospedali alle RSA fino all’assistenza domiciliare) tramite piattaforme certificate Medical Device di telemonitoraggio e teleassistenza. Punto di forza di Comarch Healthcare è senza dubbio la sua esperienza diretta di gestione con la sua clinica polispecialistica iMed24, che è anche centrale operativa di telemonitoraggio del Gruppo, capace di testare le soluzioni prima di portarle sul mercato globale.
Con Giulia Arpinati, Business Solution Manager – Healthcare, Comarch Italy, abbiamo fatto il punto della situazione per portare le organizzazioni sanitarie a sfruttare questo anno ancora di transizione per arrivare pronti al 2024 quando la telemedicina passerà ad una fase di maggiore concretezza.
“Uno degli obiettivi chiave di Comarch Healthcare in Italia è quello di supportare i suoi clienti (chi eroga il servizio sanitario o servizio socioassistenziale) nei processi di trasformazione digitale. Oggi la situazione è resa complicata da una legislazione ancora non completamente definita ma entro l’anno prossimo il quadro dovrebbe delinearsi in maniera più chiara. Motivo per cui Comarch Healthcare già da ora spinge i suoi clienti a testare nuovi modelli di servizio di telemedicina/teleassistenza”.
Qual è la situazione normativa al momento attuale? Cosa ostacola ancora il percorso di trasformazione digitale?
“Nel 2022 sono stati pubblicati vari atti normativi e linee guida con il fine di costruire un ecosistema sanitario rinnovato a partire prima di tutto da una riorganizzazione territoriale del servizio al paziente, garantendo l’interoperabilità dei dati tra amministrazioni locali e centrali e lavorando per l’introduzione su scala nazionale della telemedicina”.
Cosa ha deciso il nostro Paese in relazione alla telemedicina?
“Per quanto riguarda la telemedicina le autorità si sono concentrate sul progetto di creazione di una piattaforma nazionale con lo scopo di costruire un’infrastruttura comune e garantire l’interoperabilità e standard condivisi dei servizi di telemedicina, che devono poi essere sviluppati dalle singole regioni.
In particolare, i servizi minimi che possono essere erogati a livello regionale sono quattro (la televisita, il teleconsulto, il telemonitoraggio e la teleassistenza) e su questi servizi si sono concentrate le indicazioni di Agenas per la presentazione dei progetti regionali”.
Cosa stanno aspettando quindi gli attori del sistema sanitario e sociosanitario nel 2023?
“Si stanno attendendo le gare regionali per individuare le soluzioni di mercato più conformi alle linee guida per i quattro servizi di telemedicina di cui abbiamo parlato, che dovrebbero essere operativi entro inizio 2024.
Auspicabilmente saranno rilasciate quest’anno anche le linee guida relative a percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA) che già prevedono al loro interno un mix di atti sanitari in presenza e in tele, laddove l’elemento tele non comporta solo una prestazione che logisticamente viene effettuata da remoto ma anche il fatto che occorre valorizzare e mettere a fattor comune i dati raccolti e che occorre prevedere la corretta divisione dei compiti tra i vari professionisti sanitari che cooperano per il successo dei servizi di telemedicina. Fondamentale è quindi che le nuove linee guida individuino con precisione chi si deve occupare di cosa.
Analogamente importante è anche la definizione di un sistema di prescrizione e rimborsabilità che supporti i servizi di telemedicina, preferibilmente con ricetta elettronica”.
In attesa di definizione della materia da parte della legislazione perché è importante che gli operatori nel mondo della salute capiscano che l’ introduzione di servizi di telemedicina è un vantaggio?
“Se prendiamo come punto di riferimento un ente privato accreditato vediamo che i vantaggi sono molteplici e sotto molti punti di vista.
Adottando ad esempio servizi di telemonitoraggio si arricchisce innanzitutto la relazione tra medico e paziente mettendo a disposizione del professionista sanitario informazioni più ricche e continuative nel tempo: durante la visita infatti il medico avrà a disposizione in maniera organizzata i dati sui parametri ed i sintomi raccolti dal paziente al domicilio nel periodo precedente, a supporto delle sue decisioni.
Il professionista sanitario, dal canto suo, può ora raccogliere in un canale unico e chiaro tutte le informazioni che prima il paziente gli inviava tramite diversi canali (telefonate, messaggistica istantanea, fotografie ecc.) così da migliorare il modo in cui lavora e ottimizzare il proprio worklife balance.
Le stesse strutture sanitarie, oltre ad erogare migliori servizi, sono ora messe nella condizione di allocare le risorse in base alle effettive esigenze del paziente definendo quando occorre una visita in presenza o è sufficiente un consulto in remoto creando una maggiore appropriatezza nell’allocazione dei costi e dei benefici, fidelizzando contemporaneamente il cittadino, che viene preso in carico all’interno di una relazione continua e non solo con prestazioni spot”.
Esaminando gli step che l’organizzazione può attivare per l’erogazione dei suoi servizi in chiave digitale, Comarch Healthcare prevede un modello basato su tre fasi…
“Il modello impiegato da Comarch è un supporto importante soprattutto per i privati accreditati che potranno beneficiare della maggiore domanda ed offerta dei servizi di telemedicina a seguito della creazione delle piattaforme nazionali e regionali, cui le amministrazioni sta lavorando.
Ovviamente per fornire servizi digitali di livello occorre lavorare sulla creazione di valore per il paziente finale, per i medici e le strutture sanitarie ma anche sulla sostenibilità economica del servizio: il nostro modello nasce proprio sulla base di questa premessa affinché i nostri clienti affrontino da subito queste tematiche con i corretti interlocutori così da andare oltre le fasi pilota di test per portare effettivamente a regime il servizio digitale”.
La prima fase del modello utilizzato da Comarch consiste nell’individuazione dello scopo per il quale si vuole offrire il servizio digitale in coerenza con la visione generale dell’azienda. Ci spieghi meglio…
“La prima fase ha come obiettivo quello di trovare un punto di incontro sui valori e sulle priorità che il servizio digitale che si andrà ad implementare si propone di avere sin dall’inizio, in maniera da guidare le scelte operative successive. In concreto, questo significa allineare i bisogni dei pazienti ma anche dei professionisti, che devono essere coinvolti nel progetto fin dai momenti iniziali con workshop e formazione dedicata che gli consentano di capire perché è importante adottare procedure nuove ed innovative.
Per il personale sanitario la leva del cambiamento non deve essere la paura di rimanere indietro ma la valorizzazione delle proprie competenze con un impatto più che positivo sul worklife balance, come abbiamo visto prima mediante la razionalizzazione dei canali di contatto.
Il paziente o il suo caregiver deve invece deve percepire il valore aggiunto del servizio di telemedicina che non consiste solo nella possibilità di essere visitato senza uscire di casa ma analizzandone tutti i vantaggi.
Il primo step è quindi quello di capire dove mi sto posizionando andando poi nel dettaglio con le fasi successive”.
Il secondo step è quello di analizzare il patient journey, che diventa fisico digitale, mettendo il paziente al centro ma senza dimenticarsi del professionista sanitario come dicevamo…
“Si parte da un’analisi di come funziona nel momento attuale il patient journey per capire in che punto e perché occorre inserire in questo percorso un elemento di servizio in telemedicina. È importantissimo che in questa analisi si crei un’esperienza coerente tra i vari touch point che collegano i servizi esistenti con i nuovi servizi.
Poi sarà fondamentale analizzare come potrò far conoscere questo tipo di servizio, come andrò ad erogarlo, e a seguire capire come organizzare la fase di follow up, che è importantissima per mantenere la relazione con il paziente dopo l’erogazione della prestazione, andando ad individuare per ciascuno step le funzioni aziendali coinvolte.
La scelta tecnologica è l’ultimo passaggio, tenendo presente che sarà necessario andare ad integrarla con l’ecosistema tecnologico già presente in casa del cliente”.
Terzo ed ultimo step è quello di individuare il business model del servizio…
“Immaginando una situazione di mercato privato e i servizi che questo player può erogare ai suoi pazienti è importante, quando si concludono i progetti pilota, testare anche la Willingness To Pay degli utenti andando a misurare il valore di quel servizio percepito dall’utente.
Il lato costi del business model invece dipende dall’analisi effettuata nella fase due; quindi, si sommano in particolare i costi tecnologici con quelli del personale. È fondamentale poter implementare delle procedure digitali di workflow per ogni servizio e per patologia così da definire quali figure professionali sono coinvolte, in quali step e per quanto tempo, modulare le azioni passive ed attive e capire come fare escalation: quindi comprendere come procedere nel caso sia necessario scalare ad un professionista sanitario di livello differente.
Le procedure devono diventare uno strumento per la gestione del rischio clinico ma anche per il governo dei costi di modo da sapere quanto è stato speso per l’erogazione di ciascun servizio. Anche in questo caso raccomandiamo di effettuare vari test sulle procedure finché non si trova quella più idonea e che supporta meglio l’organizzazione sanitaria”.
Senza dubbio il vostro modello basato sulle tre fasi che abbiamo delineato è uno dei vostri punti di forza. Cos’altro differenzia Comarch Healthcare?
“L’elemento che ci differenzia è proprio la nostra capacità di seguire il cliente in tutte le fasi del percorso che abbiamo delineato dando supporto nella pianificazione strategica. L’ecosistema tecnologico che mettiamo a disposizione abilita inoltre diversi modelli di business sia di telemedicina che di telesoccorso sulle medesime piattaforme erogando ai pazienti e alle loro famiglie svariati servizi.
Infine, Comarch mette a disposizione delle strutture sanitarie dei servizi di business process outsourcing per sgravarle della gestione di alcune attività legate alla telemedicina, come la formazione nei confronti degli utenti piuttosto che l’analisi dei dati nei piani di telemonitoraggio”.
Per finire, cosa si aspetta Comarch Healthcare per il 2023?
“Ci aspettiamo che il 2023 sia ancora un anno di preparazione della messa a regime della telemedicina su scala maggiore. Per beneficiare di un chiaro sistema regolatorio è però importante che le aziende inizino adesso a prepararsi perché i processi di trasformazione sono lunghi: le persone devono testare e accettare nuovi modi di lavorare.
Nel 2023 i nostri clienti si impegneranno nel testare e validare nuovi servizi digitali, fissando dei chiari KPI fin nella prima fase di progettazione, facendo progressivi miglioramenti ai servizi implementati recependo feedback di utenti e professionisti al fine identificare il un processo scalabile ”.