Nel 1816 Rene Laennec inventò lo stetoscopio, il primo strumento che un medico poteva usare nel trattamento dei pazienti, aprendo le porte a una nuova era di diagnostica medica. Eppure, ci sono voluti tre decenni per adottarlo in maniera diffusa, poiché le associazioni mediche rifuggivano l’idea di usare un “gadget” sui pazienti. Oggi lo stetoscopio è diventato digitale, con algoritmi alimentati dall’intelligenza artificiale nella parte posteriore del dispositivo che ascoltano le anomalie più minuziose del paziente e trasmettono questi risultati ai medici. Il dottore non ha nemmeno bisogno di essere vicino al paziente, e lo stetoscopio digitale può essere inviato in aree con carenze di medici, dove un’applicazione guiderà il paziente al suo utilizzo e un medico può ascoltare da continenti di distanza. Questa tecnologia è più veloce, più efficace e costa la metà degli stetoscopi analogici precedenti. Ed è molto probabile che il vostro medico non la usi. Perché? Pensate ai tre decenni che ci sono voluti per l’adozione del primo stetoscopio. Ora, considerate la velocità dell’innovazione digitale; la miriade di nuove tecnologie che diventano disponibili ogni giorno, oltre alla quantità esponenzialmente crescente di ricerche e studi medici disponibili, e la mancanza di indicazioni che aiutino i professionisti della sanità ad aggiornarsi e a incorporare queste tecnologie nelle pratiche quotidiane.
Che stia cambiando il vento? Nell’ultimo anno abbiamo assistito alla più grande accelerazione digitale che il settore sanitario abbia mai conosciuto. Una rivoluzione, forzata dalla pandemia, negli atteggiamenti dei consumatori verso l’adozione dell’assistenza sanitaria digitale e nel modo in cui il mercato deve rispondere. Come mai prima d’ora, occorre tenere il passo con il ritmo di questa disruption.
Scelta, preoccupazione e convenienza: cambiare la dinamica
Una nuova ricerca dal titolo “Digital Frontiers – The Heightened Customer Battleground” commissionata da VMware per esplorare i legami tra innovazione tecnologica, persone e società e condotta su più di 6.000 consumatori in 5 Paesi ha scoperto che quasi la metà dei consumatori italiani (45%) si sente a proprio agio – o è addirittura entusiasta – nel sostituire i consulti medici di routine con appuntamenti virtuali a distanza (il 44% a livello europeo). E questo non riguarda solo le generazioni più giovani, tipicamente ‘tech-savvy’; i 45-54enni sono stati tra i più entusiasti all’idea di un nuovo mondo virtuale della sanità.
Se pensiamo a solo due anni fa, tali livelli di entusiasmo virtuale semplicemente non sarebbero esistiti, ma la pandemia ha cambiato la dinamica tra la scelta, la preoccupazione e la convenienza di come ci rapportiamo con i servizi sanitari.
Prendiamo il Regno Unito come esempio; prima del virus, gli appuntamenti in video costituivano solo l’1% dei 340 milioni di visite annuali con medici e infermieri del servizio sanitario nazionale britannico. Ma, con l’accelerazione dell’epidemia, quando l’NHS ha incoraggiato tutti i 7.000 studi medici del Regno Unito a ridurre gli appuntamenti faccia a faccia, abbiamo visto le visite fisiche diminuire del 57% rispetto all’anno prima, mentre le piattaforme di medici online come Push Doctor hanno visto un aumento settimanale del 70% delle consultazioni.
Quella del videoconsulto è una tendenza che sta crescendo anche in Italia, che pure è ancora indietro in questo ambito: nel 2019, secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano solo il 5% dei medici specialisti e il 3% dei medici di famiglia utilizzavano soluzioni di telemedicina, mentre lo scorso anno tre specialisti su quattro hanno dichiarato che è stata decisiva nella fase di emergenza. A settembre 2020 la conferenza Stato-Regioni ha approvato un documento, elaborato dalla Commissione Salute, relativo alle modalità di gestione delle prestazioni ambulatoriali a distanza in cui si definiscono specifici criteri e modalità di implementazione della televisita nel paziente cronico.
La pandemia ha costretto molti a superare le preoccupazioni legate alla sicurezza degli incontri virtuali con i medici. Ora, accettiamo molto facilmente l’idea di una videochiamata di 10 minuti per discutere i risultati degli esami del sangue piuttosto che andare in una sala d’attesa fisica e condividere questo spazio ristretto con altri pazienti per un tempo sconosciuto.
Questa convenienza inizia a prevalere sulla preoccupazione in alcuni scenari sanitari, e i consumatori si stanno accorgendo delle ampie opportunità che i nuovi servizi digitali possono portare. Ora siamo molto più fiduciosi nelle nascenti tecnologie sanitarie digitali come l’IA: oggi, il 49% dei consumatori non avrebbe problemi se fosse un computer piuttosto che un medico in carne ed ossa a rilevare e riconoscere alcune anomalie, per esempio le cellule cancerose.
E anche la sfiducia nell’uso dei dati nell’assistenza sanitaria – in precedenza un enorme ostacolo da superare – si sta attenuando: il 48% degli intervistati dichiara di essere a proprio agio se il medico ha accesso a dati accurati sulla propria vita quotidiana, come il livello di esercizio fisico, la dieta e l’alimentazione, se questo significa ricevere indicazioni utili per la propria salute. Il 51% per cento vede in modo positivo il fatto che un medico più qualificato conduca un’operazione chirurgica invasiva tramite robotica a distanza piuttosto che a farlo sia un medico meno qualificato ma che operi di persona.
La vita dopo il grande “digital switch”: il desiderio di innovazione
Se la pandemia è stata il grande digital switch, un importante catalizzatore del cambiamento, cosa sta ora alimentando il crescente entusiasmo dei consumatori per la sanità digitale? Credo che l’adozione di nuove tecnologie in stile effetto domino stia erodendo il dubbio, la paura e lo scetticismo sul ruolo del ‘digitale’ nel proteggere noi stessi, gli amici e le nostre famiglie. Coloro che stanno facendo i primi passi nell’accettare il potenziale della tecnologia per monitorare, diagnosticare e migliorare la loro salute e il loro benessere stanno contribuendo a spostare la percezione dei consumatori a lungo termine.
Siamo a un punto in cui i dispositivi wearable per il fitness monitorano le nostre statistiche vitali ogni giorno con sempre maggiore granularità e in cui i sensori di movimento possono aiutare il recupero a distanza – per esempio, determinando se i pazienti stanno mettendo abbastanza peso sulle ginocchia dopo un intervento e completando gli esercizi prescritti.
E questo senza considerare il potenziale per sfruttare adeguatamente le applicazioni all’avanguardia come la realtà aumentata e virtuale e l’IA. I casi d’uso in questo campo sono incredibili. Dall’analisi rapida di certi modelli di malattia all’individuazione del rischio di patologie respiratorie attraverso un algoritmo che semplicemente scorre sulle immagini a raggi X del torace dei pazienti, al confronto dei risultati con milioni di altri pazienti per raccomandare il miglior trattamento; l’IA può aiutarci a prendere decisioni migliori e in maniera più veloce, combinando infinite fonti di dati diversi che noi esseri umani non siamo in grado di fare. Potrebbe, per esempio, aiutare a misurare la crescita di un tumore e illustrare la tendenza in millisecondi – dando al radiologo la possibilità di concentrarsi davvero su che cosa è importante e che richiede creatività ed esperienza.
E la richiesta dei consumatori è per avere sempre di più di queste innovazioni. L’83% degli italiani si identifica come “digitalmente curioso” o “esploratore digitale” – un pubblico pronto e ricettivo per i nuovi servizi digitali, con una crescente fiducia nel potere della tecnologia di avere un effetto positivo sulla salute e il benessere delle persone. Il 61% dei consumatori, per esempio, è felice all’idea che i membri della propria famiglia con una malattia cronica/di lunga durata possano avere la libertà di vivere più lontano dalle strutture mediche, grazie ai sensori e al monitoraggio dei dati in tempo reale che prevedono quando avranno bisogno di assistenza medica. O ancora, il 73% pensa che le tecnologie digitali avranno il potenziale per ridurre la diffusione del Covid-19, il 57% ha fiducia che la tecnologia possa abbassare significativamente il rischio di interventi chirurgici invasivi entro i prossimi cinque anni e il 61% crede che possa migliorare significativamente la qualità della vita delle persone vulnerabili, come gli anziani o i disabili.
Il futuro dell’assistenza sanitaria
È questa convinzione dei consumatori e la domanda di servizi sanitari digitali che stanno ponendo la sfida sia per il mercato che per le Istituzioni. Come con l’introduzione dello stetoscopio, i primi passi sono a volte i più difficili, ma il grande cambiamento digitale del 2020 ha dato il via a questo effetto domino di entusiasmo ed eccitazione per cui i consumatori si sentono chiaramente meno diffidenti nei confronti della tecnologia nella cura dei loro pazienti. Inoltre, data l’intensa e crescente pressione sugli operatori sanitari e sui sistemi stessi, vedremo un desiderio di innovazione digitale ancora maggiore da parte di un numero crescente di persone.
Tutto ciò significa che l’opportunità è lì per essere colta. Ora è il momento di creare, fornire e proteggere grandi applicazioni, servizi ed esperienze – alimentati da una base digitale flessibile, coerente e intrinsecamente sicura – per soddisfare le aspettative dei consumatori e trasformare per sempre il costo, la qualità e la fornitura di assistenza ai pazienti. Un mondo nuovo della tecnologia sanitaria ci aspetta, dobbiamo solo realizzarlo.
Di Jens Kögler, Healthcare Industry Director EMEA, VMware