Gli italiani fanno passi avanti sulla prevenzione (il 62,6% ha fatto esami di propria iniziativa negli ultimi 5 anni) e la predisposizione agli screening (il 91% è favorevole), ma non sono ancora del tutto pronti alla medicina predittiva e partecipativa.
Il 59,4% degli intervistati è infatti contrario alla condivisione dei dati sulla propria salute e l’uso del mobile health risulta ancora molto limitato: solo il 7,6% usa app mediche e il 14,3% usa lo smartphone per monitorare la propria salute. Disposti a personalizzare i dispositivi medici anche di tasca propria (38%), gli italiani sono culturalmente indecisi sulla medicina predittiva: i giovani di 18-35 anni sono quelli più a favore di test che predicono patologie più o meno gravi, mentre gli over 55 sono i meno pronti a questo cambio di paradigma.
Dottor Google
Ancora troppi gli italiani che cercano su internet informazioni sulla propria salute (57,1%) e al tempo stesso rinunciano alle cure per motivi economici (71,8%), considerando Dottor Google una reale alternativa, per cui la gratuità della rete spesso sostituisce le spese necessarie per un consulto medico. La navigazione in internet avviene soprattutto per approfondire le nozioni su cure e terapie (55,9%) e fare diagnosi sul proprio stato di salute (54,5%).
Gli internauti della salute sono per lo più maschi, tra i 18 e i 36 anni e del Sud, caratteristica che denota, come per altri aspetti dell’indagine, una frattura generazionale e territoriale in fatto di salute. Questi i principali risultati dell’indagine “Tech4life”, condotta da Community Media Reasearch in collaborazione con Confindustria Dispositivi Medici e presentata nell’ambito dell’evento “Tech4life: la salute tra informazione e tecnologia”.
“I cittadini devono essere informati in modo corretto sulle tecnologie mediche a beneficio della propria salute – ha dichiarato il neopresidente eletto della Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti – e sulle possibilità di miglioramento della qualità della propria vita che la nuova medicina offre loro. Per questo con l’indagine Tech4life abbiamo voluto fare un punto sulla consapevolezza degli italiani del valore delle tecnologie e delle nuove frontiere della medicina. Vogliamo favorire la divulgazione coinvolgendo il mondo scientifico e le istituzioni, che svolgono un ruolo cruciale in questo processo. Dobbiamo fare in modo che l’informazione corretta ed equilibrata sulle nuove possibilità di prevenzione e cura diventi sempre più centrale soprattutto sul web, dove le persone cercano sempre più spesso la risposta ai proprio bisogni di salute”.
Focus sull’indagine
Identikit dell’internauta della salute e la frattura territoriale
L’”internauta della salute”, ovvero chi almeno 1 volta ha consultato il web per una qualche ragione collegata al tema salute, presenta un duplice volto. Da un lato, è caratterizzato dalla giovane età: quattro giovani 18-34enni su cinque (76%) hanno navigato in rete per un parere o un approfondimento e tale pratica cala drasticamente al crescere dell’età fino a raggiungere al 38,4% fra gli over 55.
Dall’altro lato, però, internet è fruito in misura maggiore da chi è deprivato economicamente e ha dovuto rinunciare a fare esami per scarsità di risorse (71,8%), in particolare da chi risiede nel Mezzogiorno (61,6%). Caratteristiche, queste, che denotano come per altri aspetti dell’indagine, esita nel Paese una frattura generazionale e una territoriale in fatto di salute.
Mediamente, una quota oscillante fra il 15 e il 17% fruisce della rete in modo assiduo per fare un’autodiagnosi, approfondire nozioni su cure e terapie, piuttosto che conoscere le tecnologie e i dispositivi. Se a questa quota aggiungiamo quanti vi accedono in misura più contenuta, superiamo ampliamente la metà degli intervistati: il 57,1%. La navigazione in internet avviene soprattutto per approfondire le nozioni su cure e terapie (55,9%) e fare diagnosi sul proprio stato di salute (54,5%). Leggermente meno utilizzato è il web per scoprire le tecnologie e i dispositivi applicati alla salute (45,7%).
Medicina preventiva
La prevenzione, la propensione a realizzare esami, test o visite non prescritte da un medico coinvolge una quota maggioritaria della popolazione. Si sta diffondendo un’attenzione alla dimensione della cura, anche attraverso l’utilizzo di strumentazioni e apparecchiature, grazie anche alla possibilità di disporre di conoscenze attraverso la rete, che ormai coinvolge la maggioranza della popolazione.
Negli ultimi cinque anni, la tipologia di prevenzione maggiormente diffusa (senza il sollecito da parte di medici e/o di personale sanitario) è costituita dalle analisi del sangue (67,1%), seguita dalle visite mediche specialistiche (63,8%).
Un minor grado di preferenza è invece riservato ai test diagnostici quali pap-test o mammografie (54,7%). Circa un terzo degli italiani (37,4%) appare meno propenso a realizzare esami preventivi autonomamente. Sono le donne le più orientate alla prevenzione (65,9%), ma anche gli abitanti del Centro Italia (67,2%) e quanti accedono a internet per conoscere aspetti legati alla propria salute (68,6%).
Medicina predittiva
Sul versante della medicina predittiva, in generale, circa un decimo degli italiani (fra il 7 e l’11%) si è già sottoposto a una prova per qualche patologia o una malattia grave. Poco più di un terzo (36%) le vorrebbe sostenere, ma ancora non le ha fatte. Per contro, poco meno della metà (fra il 43 e il 46%) si dichiara contrario e un decimo (fra l’8 e il 10%) non sa esprimersi.
Dunque, gli italiani, di fronte alla possibilità di predire l’eventuale insorgere di una patologia e/o una malattia più o meno grave si dividono in parti quasi omogenee. I “disponibili” (48,5%) verso la medicina predittiva sono costituti soprattutto dalle generazioni più giovani (55%, 18-34enni), da chi accede a internet per consultare le questioni legate alla salute (55,9%) e quanti si dimostrano attivi nel realizzare autonomamente test ed esami clinici (53,3%).
Inoltre, chi ha un’autopercezione più negativa della propria salute (54,5%) e chi risiede nel Mezzogiorno (52,3%) appare più incline a una simile attività. All’opposto, manifestano un più rilevante atteggiamento “contrario” (43%) in particolare i più anziani (49,2%, over 55), chi abita nel Nord-Est (49,6%), quanti non accedono mai a internet per fare un consulto o un approfondimento (52,8%) e non hanno mai svolto autonomamente test diagnostici nell’ultimo biennio (50,1%).
Medicina partecipativa
Per quanto riguarda la salute digitale, il dispositivo più utilizzato è lo smartphone (14,3%) presumibilmente per il suo impiego nella vita quotidiana come oggetto per comunicare oltre che per monitorare i propri livelli di attività fisica e in generale di controllo della salute. Solo il 7,6% della popolazione utilizza però un’app per monitorare la propria salute o per curarsi e una quota ancora inferiore (2%) non l’usa personalmente, ma conosce qualcuno che le utilizza.
Ma in che misura la popolazione sarebbe disponibile a condividere i propri dati personali? In particolare con le imprese che progettano e realizzano apparecchiature medicali? La maggioranza degli interpellati è indisponibile (59,4%). Solo il 40,6% accetterebbe di buon grado di condividere le informazioni.
Tra le ragioni spicca il fine generale di utilità alla ricerca (31,4%), ma anche per obiettivi più strumentali quali un risparmio sulla spesa (5,7%) o la personalizzazione di un dispositivo (3,5%). I più “favorevoli” (40,6%) si annidano soprattutto, una volta di più, nelle generazioni più giovani (49,6%, 18-34enni), in chi dichiara di avere un buono stato di salute (42,1%), quanti frequentano abitualmente internet per informarsi sui temi della salute (47,2%), gli abitanti del Centro (41,5%) e del Mezzogiorno (45,7%). In particolare, la propensione positiva alla medicina predittiva si coniuga con una più elevata disponibilità alla condivisione dei dati (53,7%).
Ancora una volta, l’età e la fruizione delle nuove tecnologie, ben più che la disponibilità di risorse economiche, esercita un’influenza negli orientamenti della popolazione e discrimina i comportamenti: più aperti e disponibili quelli delle giovani generazioni, più restie e chiuse quelle dei più adulti.
Medicina personalizzata
La personalizzazione dei dispositivi biomedicali è nota a una maggioranza della popolazione non amplissima e così pure la disponibilità e l’interesse a personalizzare le apparecchiature. Poco meno del 60% degli interpellati dichiara di sapere di tale opportunità, senza che all’interno dal campione siano rinvenibili particolari fratture.
È una conoscenza relativamente diffusa e in misura decisamente inferiore rispetto alla media di quanti dichiarano di sapere cosa sia un’apparecchiatura medicale, dunque, e ha in due occasioni una diversità significativa. Da un lato, l’età: il grado di notorietà dell’opportunità di personalizzare i dispositivi è direttamente correlato al crescere degli anni, passando dal 56,2% dei giovani 18-34enni, al 61,2% degli over 55.
Considerando quanti propendono a personalizzare il dispositivo anche spendendo di più, l’orientamento è più diffuso nelle aree di piccola e media imprese come il Nord Est (40,9%) e nel Centro (39,7%), fra chi ha un’autopercezione positiva del proprio stato di salute (40,3%), chi non ha rinunciato in passato a fare esami e visite mediche (40,3%), chi utilizza internet per conoscere cure o strumenti di cura (41,7%), chi ha fatto più esami di propria iniziativa nel recente passato (40,4%).