Gli oncologi italiani utilizzano sempre di più i social, anche per aggiornamento professionale, mentre, per l’interazione con il paziente preferiscono altri strumenti, anche in un periodo come questo che, per l’emergenza Covid, ha visto una riduzione delle visite di controllo e screening “face to face”.
È quanto emerso nella seconda edizione dell’evento MEMO 2.0 20 (Merck Oncology Meeting Emotional Experience), promosso da Merck, azienda leader in ambito scientifico e tecnologico, e tenutosi quest’anno, per la prima volta, in modalità completamente virtuale nei giorni 11 e 12 settembre.
Nel corso di una delle sessioni interattive della prima giornata, gli oltre 100 oncologi collegati hanno partecipato a un sondaggio sulla loro propensione all’utilizzo dei social media e di altre risorse digitali nell’ambito della loro professione.
Ne è emerso un quadro molto interessante, che rivela una figura specialistica in evoluzione: il 90% dei rispondenti ha un profilo social attivo, e, tra questi, più della metà utilizza i social per aggiornamento professionale e per condividere informazioni riguardanti la propria attività scientifica. Il social più utilizzato con queste finalità è ovviamente LinkedIn, ma anche Twitter, in misura minore, viene considerato una fonte utile.
Gli oncologi intervistati hanno riconosciuto ai social anche un valore in termini di condivisione dell’esperienza da parte dei pazienti: sorprendentemente la maggior parte di loro ha valutato positivamente il fenomeno emergente dei cancer blogger.
I social media sono invece poco utilizzati nella comunicazione medico-paziente: nonostante il 59% dei rispondenti attivi sui social abbiano affermato di essere stati contattato dai propri pazienti tramite social, la larghissima maggioranza (76%) non avvia un’interazione con essi.
La gestione dell’interazione col paziente viene affidata prevalentemente al “face-to-face” o, in caso di soluzioni a distanza, prevalgono modalità come il contatto telefonico o il video-consulto.
“Gli intervistati hanno riconosciuto il valore delle soluzioni di telemedicina, e non solo dal punto di vista funzionale – spiega Alberto Maestri, Digital Transformation Advisor, che ha presentato l’indagine nel corso dell’evento –. Il 58% dei rispondenti ha infatti confermato che questi strumenti non penalizzano affatto l’interazione col paziente dal punto di vista dell’empatia, anche quando confrontati alla classica visita face-to-face”.
Proprio queste nuove modalità di consulto hanno consentito di ridurre sensibilmente l’impatto dell’emergenza Covid-19 sull’attività dei reparti di oncologia italiani, come illustrato da Antonio Messina, a capo del business farmaceutico di Merck in Italia nel suo discorso di apertura al MEMO.
“Un recente studio pubblicato sull’European Journal of Cancer ha dimostrato come il 70% dei nostri reparti di oncologia abbia ridotto di poco o nulla l’attività durante il lockdown – conferma Messina -. Certo, tanto resta da fare: se l’assistenza ha rallentato di meno, il numero degli screening pare aver subito una significativa riduzione anche nel nostro Paese. Questo non deve succedere: sappiamo tutti come i ritardi nelle diagnosi riducano sensibilimente le possibilità di curare i tumori efficacemente. In questo, ancora una volta, un grosso aiuto potrà venire dalla rete e dalla tecnologia digitale. L’oncologia italiana è ben consapevole di ciò, e oltremodo attiva, come hanno dimostrato le tante esperienze e best practices presentate nel corso delle due giornate del MEMO. Da parte nostra, confermiamo il nostro impegno nel favorire il confronto e la diffusione del sapere scientifico, anche in un periodo così difficile, attraverso formati innovativi: MEMO 2.0 20 è stata la nostra prima esperienza di meeting 100% virtuale, e di certo non sarà l’ultima”.