Negli ultimi mesi il dibattito sull’Intelligenza Artificiale (IA) e sulle sue possibili applicazioni, anche nel mondo della salute, si è arricchito coinvolgendo esperti del mondo tech, oltre a numerosi attori pubblici e privati, facendosi sempre più articolato. Ma quali sinergie possono crearsi tra IA e uomo quando si volge lo sguardo al panorama complesso e diversificato delle malattie rare? Anche in questo campo, l’intelligenza umana può e deve rimanere centrale di fronte a uno scenario in veloce e radicale cambiamento, cogliendo e sfruttando il potenziale dell’IA ma governando sempre il processo. È stato proprio questo l’argomento scelto per il primo appuntamento della serie di incontri “Sobi Talk”, organizzato dalla multinazionale biofarmaceutica Sobi con l’obiettivo di esplorare, con l’aiuto di esperti del settore, i temi più attuali calandoli nel contesto specifico delle malattie rare.
Il primo incontro si è svolto ieri nella sede milanese dell’azienda, appena rinnovata e ampliata, ed è stato aperto dalla Vice President e General Manager per l’Italia, Grecia, Malta e Cipro, Annalisa Adani. Ad animare il dibattito Federico Cabitza, Professore associato di Interazione Uomo-Macchina e Supporto Decisionale all’Università di Milano-Bicocca e il Dottor Angelo Claudio Molinari, Specialista in Ematologia, Responsabile del Centro Emofilia presso l’Ospedale Gaslini di Genova e Docente alla Scuola di Specializzazione di Ematologia di Genova.
Un momento di riflessione volto a individuare le sfide ancora aperte – ma anche il potenziale – dell’IA applicata al mondo della salute e delle malattie rare in particolare, al fine di fornire strumenti di analisi concreti e aggiornati per orientarsi nel panorama attuale attraverso un’analisi lucida dello status quo e di quanto ci aspetta, scevra di facili ottimismi e al contempo in grado di volgere lo sguardo al futuro e accogliere i potenziali benefici dell’innovazione tecnologica.
“Innanzitutto, è importante chiarire che l’Intelligenza Artificiale non è un qualcosa che si possa prendere dallo scaffale di un supermercato e inserire così com’è in un contesto ospedaliero, trasformandola in pratica clinica” spiega il Professor Cabitza. “Questo perché l’Intelligenza Artificiale – soprattutto quella predittiva, ovvero che utilizza dati, algoritmi statistici e tecniche di machine learning per individuare la probabilità di risultati futuri in base a dati storici – è uno strumento versatile, che va integrato all’interno di flussi organizzativi già esistenti che non vanno stravolti ma supportati in alcune specifiche parti. Questo implica uno sforzo collettivo, che deve coinvolgere i diversi attori del sistema sanità, nell’identificare soluzioni di processo più efficaci, grazie all’integrazione dell’IA, che talvolta possono anche essere contro intuitive”.
Non va dimenticato, dunque, che l’Intelligenza Artificiale non è un modello applicabile indifferentemente in ogni contesto, ma solo attraverso un processo di integrazione – basato sulla sperimentazione e su meccanismi di “trial and error” – potrà portare a benefici concreti nel campo della salute, a partire dall’ottimizzazione del percorso diagnostico fino allo sviluppo di una medicina predittiva sempre più personalizzata e all’efficientamento dei servizi sanitari nazionali, in particolar modo quelli universalistici, per renderli più sostenibili.
Il contesto di applicazione dell’IA ha poi un peso determinante quando si parla di malattie rare: “Parliamo di patologie a bassa prevalenza nella popolazione. Quando le persone con diagnosi sono poche, ciò significa che l’IA deve essere addestrata su dei fenotipi, cioè delle tipologie di espressione della malattia, per cui non ci sono numerosi casi: un problema non da poco soprattutto per l’Intelligenza Artificiale di nuova generazione” continua il Prof. Cabitza. “Un’altra sfida ancora aperta riguarda la sinergia uomo-macchina. Le malattie rare sono estremamente eterogenee e coinvolgono aree terapeutiche diverse: ciò significa avere a che fare con un numero ridotto di specialisti che possano mettere il loro know-how a disposizione per integrare l’IA nel processo di ricerca, presa in carico e gestione di una patologia rara. Tuttavia, anche se le malattie rare pongono delle sfide uniche nel panorama medico, l’Intelligenza Artificiale, pur non essendo pensata per risolvere questi problemi, potrà sicuramente costituire un elemento chiave per contribuire a superarli, in primis abbattendo enormemente i tempi di arruolamento ed esecuzione degli studi clinici e di efficacia farmacologica, o ancora riducendo i tempi di sviluppo di possibili trattamenti”.
Una riflessione che trova riscontro nell’esperienza del Dottor Angelo Claudio Molinari, Specialista in Ematologia, Responsabile del Centro Emofilia presso l’Ospedale Gaslini di Genova, che ha contribuito al dibattito fornendo un punto di vista clinico e operativo. “Nel settore delle malattie rare, un campo caratterizzato dalla complessità e dalla difficoltà di reperimento di grandi quantità di dati, le applicazioni attuali dell’IA si configurano come sperimentazioni ancora sporadiche. Ma guardando al potenziale di utilizzo di questa tecnologia, è possibile senz’altro individuare alcune aree che potrebbero beneficiare significativamente dall’integrazione dell’IA quando si tratta di gestione e presa in carico di persone con malattie rare. Mi riferisco alle applicazioni di tipo logistico – all’organizzazione dei servizi di assistenza – ma anche al processo di diagnostica, fondamentale quando si ha a che fare con patologie rare, come supporto nell’analisi di radiologiche (quali quelle prodotte da ecografia, risonanza magnetica o radiologia tradizionale) o di dati genetici oggi prodotti in quantità sempre maggiori”.
Ma i possibili vantaggi non si esauriscono nelle applicazioni descritte qui sopra. “In uno scenario in cui i dati medici che vengono reperiti raddoppiano ogni 73 giorni, un’altra applicazione dell’IA che potrebbe davvero fare la differenza riguarda l’analisi di grandi moli di informazioni relative alla qualità di vita delle persone con malattia rara nel tempo” aggiunge Molinari. “Nell’ambito dell’emofilia, ad esempio, noi clinici raccogliamo costantemente questo genere di informazioni, anche attraverso l’utilizzo di specifiche app e dispositivi digitali. Sistematizzando la raccolta di questi dati e analizzandoli con il supporto
dell’IA, potremmo ottenere modelli predittivi riguardanti il decorso di malattie rare croniche come l’emofilia più accurati, alleggerendo al contempo l’équipe di specialisti e personale sanitario che si occupa della presa in carico lungo tutto il percorso di cura”. Viviamo dunque un momento di trasformazione tecnologica che – seppur ancora in larga parte indirettamente – potrà avere un impatto profondo anche sul campo delle malattie rare. “
“Tuttavia, per raggiungere questi obiettivi, non si può tralasciare l’aspetto della formazione del personale sanitario, un ambito in cui è fondamentale un investimento maggiore e continuo” prosegue il Dottor Molinari. “Le sfide che la digitalizzazione del sistema sanitario già impongono lo rendono evidente. Ma, nel caso dell’IA, è tanto più necessario, perché per un suo utilizzo vantaggioso – ed etico – il ruolo degli specialisti e di tutti coloro che interagiscono e hanno contatti diretti con i pazienti è tanto più importante. Una sfida che riguarda l’intero sistema salute e quindi anche il mondo complesso e diversificato delle malattie rare”.
Un primo appuntamento, dunque, che non solo ha permesso di fare il punto sullo stato attuale dell’applicazione dell’IA nel campo delle malattie rare, grazie alla partecipazione dei due esperti, ma che ha rappresentato un vero e proprio momento di riflessione allargata. “L’obiettivo della nuova serie di incontri Sobi Talk è fornire strumenti critici, che permettano una lettura informata del presente e, di conseguenza, di volgere lo sguardo al futuro. Per esplorare le frontiere della medicina, senza perdere di vista la nostra missione, come azienda: fare la differenza nella vita delle persone con malattie rare – afferma Annalisa Adani, Vice President e General Manager Sobi Italia, Grecia, Malta e Cipro – Occasioni di incontro e dialogo come questa sono particolarmente preziose perché contribuiscono a calare i processi trasformativi in atto, tecnologici e gestionali, nel contesto meno noto – ma per noi di Sobi fondamentale – delle malattie rare.”