Italia non è sinonimo di “crisi”. Ad affermarlo a gran voce è Filippo Silva, Strategy and Technology Manager di Konica Minolta Laboratory Europe, a capo dell’unico dipartimento di ricerca e sviluppo italiano di Konica Minolta, che dal 2018 è attivo a Roma e in costante crescita (attualmente sono 55 le persone impiegate, che aumenteranno considerevolmente nel corso del 2020), a dimostrazione che anche nel nostro Paese ci sono realtà di eccellenza che meritano di essere valorizzate.
Al centro della cronaca, negli ultimi giorni, la notizia relativa alla partnership tra questo centro d’eccellenza e Next2U, spin-off dell’Università di Chieti e Pescara, che insieme hanno deciso di collaborare per la realizzazione di tecnologie che mediante l’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale saranno in grado di supportare il lavoro dell’uomo in ambiente industriale e ospedaliero, a tutto vantaggio di una maggiore sicurezza e di una maggiore efficienza.
Com’è nata l’idea della collaborazione?
“L’idea della partnership tra il nostro centro di Ricerca e Sviluppo e Next2U è nata dopo la collaborazione di Konica Minolta con l’Ospedale di San Giovanni Rotondo, in Puglia, dove siamo stati in grado di dimostrare che i robot umanoidi su cui stiamo lavorando sono effettivamente in grado di aiutare la gestione quotidiana della struttura ospedaliera, segnalando ad esempio situazioni di pericolo come un paziente caduto a terra.
A partire da qui siamo entrati in contatto con Next2U e abbiamo iniziato a confrontarci per sviluppare un’iniziativa di co-innovation, che quindi ci consente di fare un investimento pari e quasi a rischio zero, per vedere come potevamo andare ad aggredire il mercato con l’impiego delle nostre tecnologie in maniera innovativa”.
Quali competenze ciascuno dei due attori mette in gioco?
“Il laboratorio di R&S di Konica Minolta ha messo in campo le sue competenze in termini di Activity Recognition, facendo con questo termine riferimento a tutta una serie di attività tecnologiche che permettono il riconoscimento delle attività umane. Così ad esempio tramite la visualizzazione di uno scheletro umano in movimento è possibile capire quali sono le attività che sta svolgendo il soggetto, intervenendo, se è il caso, di conseguenza: il fatto che una persona si stringe la testa potrebbe essere sinonimo di mal di testa, o peggio una persona che si stringe il petto potrebbe stare affrontando un attacco cardiaco o un episodio di vomito, così come invece una persona stesa a terra potrebbe avere avuto un incidente o essersi sentita male e potrebbe essere cosciente piuttosto che incosciente (e questo lo si capisce da un’analisi dei suoi movimenti).
Dal canto suo, invece, Next2U lavora per capire qual è lo stato del paziente attraverso un’analisi del viso per valutarne lo stato emotivo e le condizioni di stress (Psycophysical Status Assessment). In questo modo diventa possibile, ad esempio, modulare in ambito industriale i flussi lavorativi in base alle condizioni stesse dell’individuo”.
Quali saranno gli obiettivi di questa partnership per quest’anno e quali gli sviluppi futuri?
“Al momento la collaborazione è prevalentemente tecnologica: il nostro obiettivo è quello di costruire una piattaforma all-in-one che integri le due attività di cui abbiamo parlato, per poi andare a proporla sul mercato alla ricerca di clienti reali. Vogliamo in un secondo momento trasformare questa partnership puramente tecnologica in una partnership di business vera e propria”.
Come si andranno a implementare queste nuove tecnologie nei due ambiti di cui abbiamo parlato, quello industriale e della salute? Che vantaggi avranno le industrie?
“Nell’ambito industriale le applicazioni possono partire anche dall’ufficio, dove comunque capita che le persone si trovino a lavorare in una condizione di stress, ma se pensiamo a chi lavora all’interno ad esempio di catene di montaggio la presenza di stress può portare a dei rischi molto seri dal punto di vista della sicurezza vera e propria, con la possibilità di andare a compromettere la salute dell’addetto o la qualità dell’intero lavoro.
Con le tecnologie su cui stiamo lavorando, andando quindi a monitorare le condizioni dei lavoratori e l’intero flusso di lavoro, si può pensare ad esempio di introdurre delle pause nel momento preciso in cui la persona si trova in una condizione di difficoltà o è particolarmente sotto stress, prevenendo il rischio che potrebbe materializzarsi da lì a poco.
La nostra tecnologia serve per gestire i flussi di lavoro indirizzandoli su chi, in un certo momento, si trova meno stressato, per dare modo a chi si trova in difficoltà di riprendersi”.
Le applicazioni in ambito sanitario invece quali saranno?
“Se pensiamo alla popolazione che va incontro ad un progressivo invecchiamento, allora capiamo che la teleassistenza diventa protagonista. È essenziale quindi avere a disposizione degli strumenti che consentano di capire a distanza qual è lo stato del paziente, capire cosa sta facendo e così via. Grazie a queste tecnologie si abilita quindi prima di tutto il concetto di teleassistenza e di telemedicina. Ma in campo ospedaliero valgono poi anche i discorsi già fatti per l’ambito industriale: pensiamo ad un medico che sta operando e si trova in una condizione di stanchezza o stress. Con l’intelligenza artificiale questa condizione può essere individuata e posta in evidenza facendo subentrare un medico più “fresco””.
In concreto cosa comporta l’adozione di questo tipo di soluzioni?
“Allo stato attuale si ricorre all’utilizzo di videocamere in grado di visionare e tenere la situazione sotto controllo ma un domani i veri protagonisti saranno i robot umanoidi, in grado di muoversi e capire in automatico le situazioni. I robot inoltre hanno il vantaggio, una volta studiata un’apposita normativa, di superare i problemi relativi alla privacy. Infine, ridurranno i costi, se si pensa a quanto potrebbe venire a costare il cablaggio con videocamere di una intera struttura”.
Passando ad un discorso più generale, quali saranno gli sviluppi futuri dell’intelligenza artificiale più a lungo termine nel mondo industriale e in quello medico?
“La sfida starà nell’integrare la tecnologia con l’uomo. Oggi abbiamo creato qualcosa di bello e automatico che subentra al lavoratore ma la vera sfida tecnologica e etica è quella di capire come queste due realtà possano coesistere. Andare a togliere i lavori ripetitivi e più rischiosi demandandoli alle macchine per permettere all’uomo di dedicarsi a lavori a più alto valore aggiunto, rimuovendo le attività più noiose e ripetitive: è questo l’obiettivo primario.
Ci troviamo nel bel mezzo di una nuova rivoluzione industriale che semplificherà la vita dell’uomo e porterà a un nuovo benessere”.
Quando si potranno cominciare a vedere impiegate queste tecnologie nella realtà?
“L’intelligenza artificiale è già presente nelle nostre vite e tutti noi la utilizziamo a livello personale (si pensi a Google, ai navigatori, agli smart assistant) ma è invece più difficile trovarla impiegata all’interno delle aziende.
La tecnologia c’è ma la vera sfida è quella di spingere l’adozione di normative che da un lato facciano capire i benefici che derivano dall’utilizzo di queste tecnologie e dall’altro anche spingerne l’adozione con degli incentivi statali. C’è poi un salto di mentalità che devono fare gli imprenditori, soprattutto quelli delle aziende più piccole. La barriera al momento è più culturale e normativa che tecnologica”.
Quindi l’Italia non è ancora pronta per questo tipo di rivoluzione?
“Purtroppo la percezione che ho io è che il clima non sia ancora propriamente favorevole. C’è diffidenza e occorre fare un vero e proprio salto culturale che necessita di una forte spinta innovativa e di un supporto concreto agli imprenditori mediante l’introduzione, come dicevo prima, di incentivi per l’adozione di questo nuovo tipo di tecnologie”.
Per finire una battuta sul laboratorio romano di ricerca e sviluppo di Konica Minolta…
“Il Laboratorio romano, unico in Italia, è nato nel 2018 e vanta 55 persone con l’obiettivo di crescere fino all’impiego di 100 persone, anche se allo stato attuale esiste anche un problema di mancanza di competenze relativamente a tecnologie così innovative. Le Università si stanno adeguando per tenere il passo in corso d’opera”.
Su che aree lavorate?
“Il primo tema è quello che abbiamo visto, ovvero l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale su differenti dispositivi come i robot, camere termiche o 3D, sensori di vario tipo. In questo modo forniamo un’intelligenza a questi dispositivi e li alleniamo a comprendere l’ambiente e le situazioni circostanti.
Una seconda area sulla quale lavoriamo, sempre affine all’intelligenza artificiale, è quella relativa al processamento automatico dei documenti, per comprenderne il contenuto e prendere decisioni anche sulla base di quello che i documenti hanno al loro interno.
Per finire, una terza area è quella della cybersecurity, un tema caldissimo e trasversale se si pensa che gli attacchi hacker, soprattutto nei settori industriale e sanitario, potrebbero avere delle conseguenze devastanti. Il nostro obiettivo è quello di fornire piattaforme sicure ma anche dare gli strumenti adeguati per monitorare il loro stato di sicurezza usando l’intelligenza artificiale, il machine learning e gli analytics, per agire in ottica preventiva e non solo di “remediation” una volta che l’attacco è già avvenuto”.