Per osservare da vicino i cambiamenti avvenuti nel corso di un anno significativo e complesso per il settore sanitario e per capire quali sono state le principali lezioni apprese nel periodo pandemico, GE Healthcare, divisione medicale di General Electric, ha raccolto le esperienze di alcuni dei migliori professionisti del settore sanitario di tutto il mondo (manager, medici, analisti) in un white paper dal titolo “Post call: come una pandemia ha trasformato la sanità per il futuro” (Post call: how a pandemic transformed healthcare for the future).
I professionisti sanitari interpellati da GE Healthcare in diversi Paesi hanno condiviso le loro opinioni sulle lezioni imparate nel 2020 e sulle priorità da affrontare per il futuro, capitalizzando l’esperienza della pandemia. In generale, ne emerge la visione di un sistema sanitario più innovativo, flessibile e resiliente, che sia “intelligentemente efficiente” e utilizzi la tecnologia per ridurre gli sprechi, per garantire maggiore accesso alle cure virtuali, per rafforzare e velocizzare il processo decisionale clinico sfruttando al meglio la gestione dei dati.
Il report parte dalla considerazione che l’inefficienza dei sistemi sanitari è un problema di rilevanza globale: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che tra il 20% e il 40% delle risorse viene sprecata. Ridurre questi sprechi migliorerebbe grandemente la capacità dei sistemi sanitari di fornire servizi di qualità e di migliorare la salute della popolazione e quanto vissuto durante la pandemia può fornire alcune indicazioni preziose al riguardo.
Innanzitutto, le nuove tecnologie devono supportare i clinici a formulare diagnosi più velocemente e in modo più efficace. Dal report emerge, ad esempio, che gli ausili diagnostici virtuali sono stati strumenti clinici chiave negli ospedali che hanno affrontato i picchi di COVID-19: accessibili tramite voce o testo, dispositivi smart mobili o computer, queste tecnologie hanno aiutato i medici ad estrarre i dati sanitari dei pazienti, saltando il processo time consuming di cercare nelle cartelle cliniche elettroniche.
L’applicazione di algoritmi predittivi può inoltre aiutare ad ottimizzare la programmazione per ridurre i “no show”, ovvero i casi in cui i pazienti non si presentano ad una visita. Grazie alla “programmazione intelligente” è infatti emerso che è possibile ridurre del 70% i tassi di mancata presentazione. Nonostante la pianificazione degli appuntamenti, volta a massimizzarne il numero basandosi sulla disponibilità, cancellazioni non pianificate e assenze sono infatti una costante.
Un’altra esperienza positiva è stata quella delle soluzioni mobili e pronte all’uso per effettuare scansioni TAC in situazioni di emergenza, uno strumento salvavita durante la pandemia. Con l’urgenza, la carenza di tempo per costruire sale ad-hoc e il bisogno primario di contenere l’infezione, gli ospedali avevano infatti bisogno di una soluzione portatile che potesse essere posizionata vicino – in parcheggi o spazi aperti – e che potesse essere attivata rapidamente.
Nelle diverse discipline, dall’oncologia alla cardiologia alla ginecologia, l’adozione di tecnologie con applicazioni di Intelligenza Artificiale sta crescendo esponenzialmente: nel triage, nella diagnostica e nella gestione del paziente, fino al momento della cura. Oggi esistono diversi potenti algoritmi di AI inglobati nei medical device come risonanze magnetiche, TAC, Raggi X, ultrasuoni, così come applicazioni che riducono significativamente le incombenze burocratiche come le pratiche cartacee, le cartelle e l’acquisizione dei dati dei pazienti, contribuendo a rendere il lavoro quotidiano dei medici più gestibile.
La tecnologia può essere infatti un utile alleato anche per diminuire drasticamente il burnout. Circa due terzi dei dottori intervistati cita l’eccessiva richiesta burocratica come prima causa di “esaurimento”; più di un terzo ha citato i turni estenuanti e l’8% lo stress di trattare i pazienti affetti da Covid-19. Digitalizzare i processi ricorrendo a Intelligenza Artificiale e deep learning permette di ridurre il lavoro manuale, limitando attività ripetitive e diminuendo le probabilità di errore: la tecnologia rende quindi il processo più efficiente in modo che i professionisti si possano focalizzare sulla cura per il paziente.
In generale, la pandemia ha contribuito a dare un boost all’adozione della telemedicina in tutto il mondo. Nel Marzo 2020, durante i primi giorni della pandemia, lo U.S. Centers for Disease Control ha registrato un aumento del 154% nel numero di visite in telemedicina. In Asia, dove i sistemi sanitari hanno avuto a che fare già da tempo con le epidemie di SARS, gli ospedali hanno implementato rapidamente tecnologie di telemedicina e di monitoraggio da remoto per i contagi di Covid-19. Le soluzioni di monitoraggio da remoto stanno rapidamente emergendo come una tecnologia affidabile e conveniente, sia per collegare gli ospedali delle zone più remote a quelli delle città, sia per permettere il monitoraggio dei letti di terapia intensiva attraverso i diversi piani di un ospedale.
L’evoluzione delle cure virtuali ha poi indicato una tendenza: la decentralizzazione della cura. Gli esperti di healthcare intervistati da GE Healthcare si aspettano che l’erogazione dell’assistenza sanitaria avvenga in modo sempre più delocalizzato, curando i pazienti direttamente a casa. Una soluzione tecnologica che aumenta l’accesso alle cure di qualità e rende più facile per i medici esaminare i pazienti ovunque essi siano sono i dispositivi a ultrasuoni portatili, che includono un software intuitivo e sono wireless, in grado di fornire immagini chiare e di alta qualità. I dati del paziente sono protetti sul dispositivo piuttosto che sul cloud, quindi una connessione internet non è necessaria, cosa fondamentale in situazioni di emergenza o in aree con popolazioni poco servite che potrebbero non avere accesso a internet.
Un’altra soluzione virtuale che si è rivelata fondamentale durante la pandemia è stata la formazione clinica a distanza, fondamentale quando il personale di supporto clinico non poteva recarsi negli ospedali.
Emerge inoltre l’esigenza di migliorare la gestione dei dati per rafforzare le decisioni cliniche. La quantità di dati prodotti e potenzialmente utili in ambito clinico è in costante aumento, i sistemi sanitari di tutto il mondo sono sopraffatti dalla quantità di dati che raccolgono, ma molti non hanno i mezzi per trasformare tutte queste informazioni in quelle preziose intuizioni di cui hanno bisogno per un’assistenza più efficiente: l’uso efficace dei dati richiede di cambiare le modalità di storage e utilizzo. L’integrazione dei dati rafforza il processo decisionale clinico e l’outcome dei pazienti, fornendo approfondimenti agli operatori sanitari quando ne hanno bisogno. Per facilitare lo scambio in tempo reale, l’analisi e l’interpretazione dei dati, servono infrastrutture evolute, in grado di garantire capacità elaborativa, rapidità di trasmissione, sicurezza e privacy delle informazioni, per permettere l’interoperabilità tra sistemi informativi.
Infine, l’indagine di GE Healthcare rileva la consapevolezza sempre più diffusa della necessità di rafforzare le partnership pubblico-privato e la collaborazione tra tutti gli elementi dell’ecosistema della salute: strutture sanitarie, professionisti, partner tecnologici e mondo accademico, massimizzando le sinergie e sfruttando al massimo l’accelerazione verso la digitalizzazione impressa dal periodo pandemico.