Cubbit nasce a Bologna nel 2016 dall’estro creativo di quattro studenti universitari ed attualmente è una società che ha raggiunto un discreto livello di investimenti e che conta circa 70 dipendenti, vantando una serie di clienti prestigiosi, tra cui Leonardo.
Cubbit lavora prevalentemente sul mercato italiano ma grazie a una serie di partnership con aziende di consulenza IT è riuscita a conquistare quote di mercato anche in Francia, Germania e Gran Bretagna. E sicuramente siamo solo all’inizio.
Abbiamo incontrato Stefano Baldi, VP R&D di Cubbit per capire come il loro cloud storage geo-distribuito può servire il mondo della sanità, proponendo un modello innovativo garanzia di trasparenza e affidabilità.
Con la digitalizzazione del sistema sanitario anche qui insorge il problema della conservazione dei dati…
“Nel corso della mia esperienza mi sono reso conto che il formato digitale in ambito sanitario è sempre più diffuso: si pensi alle radiografie o ai vetrini utilizzati dai reparti di anatomia patologica dove vengono depositati dei campioni di tessuto per esami istologici. I supporti fisici per loro natura sono delicati, vengono esposti al rischio di di rottura ogni volta che si procede ad un’analisi, motivo per cui se ne conserva una copia digitale: una foto ad altissima risoluzione effettuate con degli scanner appositi così da consentire al medico la loro consultazione ogni volta che serve.
Se pensiamo invece al sequenziamento del DNA, “un’immagine” digitale, da diversi Gigabyte (talvolta terabyte), è generata con delle macchine apposite e viene conservata senza perdita di qualità, rimanendo disponibile nel corso degli anni. Le informazioni relative al DNA, oltre al tema della consultazione del dato, introducono infatti anche quello della necessità di conservazione per l’intera vita del soggetto. Nel momento in cui una nuova tecnica di analisi consentirà di identificare attraverso il sequenziamento del DNA un certa malattia o predisposizione, si procederà non più con una nuova estrazione di questo ma semplicemente sottoponendo ad analisi la sua controparte digitale che contiene già tutte le informazioni necessarie ad un algoritmo per individuare la presenza o meno della malattia.
I dati quindi, oggigiorno, sono conservati in genere su supporti elettronici sempre più capienti ma ricordiamo che questi oggetti sono passibili di guasti e diventano obsoleti col naturale progredire dell’evoluzione tecnologica.
Quello che è fondamentale è far sopravvivere il dato sia nel tempo che di fronte al cambio di tecnologia. I nuovi sistemi di storage dovranno essere sempre più capienti, durevoli e fluidi, così da rendere i dati facilmente migrabili da supporto a supporto, per poter garantire piena affidabilità nella conservazione delle informazioni”.
Cubbit nasce per rispondere a queste sfide con la sua proposta di un cloud storage geo-distribuito: di cosa si tratta e quali sono i vantaggi in ambito sanitario per le organizzazioni che decidono di adottare un object storage?
“La strategia di Cubbit è quella di proporre un cloud storage geo-distribuito: il dato che ospitiamo non risiede in un posto solo, ma in tanti data center diversi sotto forma di frammenti cifrati e ridondanti. Questo fa sì che se un data center ‘si spegne’ perché ad esempio colpito da un incendio o da un terremoto, creando un problema di indisponibilità del dato, il cliente è in grado comunque di recuperare i propri dati, con un’affidabilità molto molto grande (del 99,9999999999999% rispetto allo standard di mercato 99,999999999%, diecimila volte superiore superiore).
Pensando ai referti radiografici oggi sappiamo che si trovano spesso su DVD, dove il dato non può essere riscritto né cancellato, per rispondere a criteri di legge. Ma ci si è resi conto in seguito che questo supporto è soggetto ad usura rendendo il dato illeggibile nel tempo. Questo problema è ovviato dalla nostra tecnologia. La funzionalità di Object Locking di Cubbit è in grado di rendere un dato immutabile, o in altre parole non cancellabile e non modificabile nemmeno da chi possiede i privilegi di amministrazione più elevati su quel dato. Allo stesso tempo, il dato sopravvive ai vari eventuali guasti dell’hardware e ai vari mutamenti tecnologici proprio grazie al fatto che il nostro object-storage è fatto da molti nodi geo-distribuiti, e affidato a più supporti contemporaneamente, tra i quali le ridondanze si riorganizzano nel tempo”.
Perché la proposta di Cubbit garantisce di avere anche un livello di sicurezza maggiore?
“Finora abbiamo parlato di sicurezza in termini di Safety ma entra in gioco anche il tema della Security intesa come sicurezza cibernetica. Le organizzazioni sanitarie sono sempre più nel mirino, come dimostrato anche dal recentissimo caso Synlab, e una procedura in cui il dato viene sparpagliato complica senza dubbio di molto la vita ai cyber attaccanti, rendendo gli asset più sicuri. Il dato viene prima cifrato, poi ridondato e. questa sequenza viene suddivisa in tanti frammenti, ciascuno dei quali è ospitato da un supporto diverso, magari in un data center diverso.
Questo rende molto duro e lungo l’ipotetico lavoro di ricostruzione del dato da parte di un hacker garantendo così una sicurezza molto elevata, a cui vanno aggiunte poi le politiche di security tipiche degli object storage”.
Un’altra peculiarità importante di Cubbit è che i dati vengono mantenuti entro il perimetro nazionale, un elemento fondamentale alla luce di normative come GDPR e soprattutto la nuova NIS2…
“Il GDPR impone alle aziende di mettere in atto tutte le best practice per evitare che i dati coperti da privacy finiscano nelle mani sbagliate. Un problema, in questa direzione, arriva dal fatto che molto spesso i dati a nostra disposizione risiedono su dispositivi mobili come smartphone, tablet, laptop ecc…, che possono facilmente finire smarriti o rubati. Se il device mobile non è protetto da password e cifrato i guai potrebbero essere davvero grandi. La tecnologia di Cubbit mette al riparo da rischi di questo tipo ed è perfettamente in linea anche con la nuova NIS.
Cubbit, infatti, lavora creando una sorta di federazione di tanti data center, rendendo il dato accessibile in maniera unica e centralizzata e soprattutto ridà la sovranità sul dato per implementare le politiche della nuova NIS2.
Guardando alle infrastrutture tecnologiche dell’Unione Europea ci accorgiamo facilmente di quanto siano meno potenti rispetto a quelle di altri Paesi: ci troviamo quindi di fronte un gap da colmare. Cubbit può aiutare a compensare questa situazione perché federando tante piccole realtà si potrebbe creare un enorme serbatoio di dati gestibile semplicemente e residente in Europa. Affidare i nostri dati a tecnologie straniere può essere insidioso. A questo proposito, Cubbit fa anche parte del consorzio Gaia-X che aspira a creare un’infrastruttura federata di servizi cloud a livello europeo.
Cubbit lavora quindi come enabler facendo sistema insieme a tutte le altre realtà del mondo dei data center, del trattamento dei dati, dell’intelligenza artificiale e così via perché si costruisca un ecosistema europeo indipendente e capace di reggersi sulle proprie gambe, dando anche maggiori certezze rispetto ai grandi colossi internazionali del mondo tech che tutti conosciamo”.
Un altro vantaggio della proposta di Cubbit è quello che porta a una riduzione dei costi IT. Come è possibile?
“L’approccio di Cubbit nasce per portare valore ai nostri clienti ma nel corso del tempo ci siamo resi conto che ci sono anche una serie di vantaggi in termini di costo.
Siamo nati per un mercato B2C ma poi ci siamo evoluti abbracciando appieno il mondo B2B, dove c’è la necessità di cambiare con una certa frequenza i server: quando scade il contratto di manutenzione spesso per non rinnovare la manutenzione altri anni o per timore di avere un disservizio i server vengono sostituiti anche se sono ancora funzionanti. Con Cubbit si ha invece un approccio che valorizza il riuso, l’economia circolare, generando anche risparmio, proprio perché la nostra soluzione on-prem può girare con un affidabilità invariata su hardware non più così affidabile.
Per la nostra offerta SaaS offriamo massima trasparenza rispetto ai grandi colossi come Amazon, Google Cloud ecc. Questi, infatti, oltre al prezzo dello spazio che si utilizza per immagazzinare i propri dati, hanno anche una lunga serie di costi accessori e poco chiari. Cubbit invece non ha costi nascosti e il cliente paga per lo spazio che effettivamente utilizza per un certo arco di tempo, evitando sorprese e potendo prevedere con precisione il budget”.
Parliamo ora di intelligenza artificiale: quali sono gli utilizzi che future applicazioni di AI potrebbero fare della vostra tecnologia in ambito sanitario?
“Partiamo da un dato di fatto: popolazioni come gli italiani e i giapponesi vivono più a lungo per un mix di fattori tra cui rientrano clima, dieta, genetica e altri di difficile valutazione. Oggi abbiamo delle intelligenze artificiali che sono in grado di apprendere da una quantità vastissima di dati e quello che Cubbit può fare è mettere a disposizione delle aziende di questo tipo uno strumento flessibile e scalabile in cui appoggiare tutte le informazioni, e i dataset di cui necessitano per istruire i propri algoritmi di IA. Alle aziende sanitarie (che siano regionali o nazionalli) che volessero adottare sistemi di AI ai fini di predizione, prevenzione, igiene pubblica, Cubbit può fornire un enorme serbatoio condiviso in cui appoggiare documenti e dati provenienti da più fonti, tenendo conto della località del dato”.
Per concludere, quali sono gli obiettivi di Cubbit nell’ambito sanitario? Cosa vi proponete di realizzare nel medio lungo periodo?
“Cubbit ha un progetto molto ambizioso. Sappiamo tutti che i dati sanitari hanno da sempre un formato estremamente rigido e ben definito, i problemi però si generano al momento della condivisione quando, ad esempio, si forma un nuovo servizio che deve appoggiarsi su questi dati. In Italia ogni regione ha un diverso sistema per accedere ai dati di “tessera sanitaria” o del fascicolo sanitario elettronico. Questo complica molto la vita delle imprese che vogliono erogare servizio al pubblico, ai pazienti, magari attraverso un’app, perché devono interfacciarsi con un elevato numero di sistemi diversi.
Riuscire a federare i dati in un enorme contenitore e dandovi poi accesso tramite un solo endpoint e un unico protocollo, così che i dati siano veramente fruibili a chi li voglia utilizzare per costruirci sopra dei servizi è l’obiettivo sul lungo termine di Cubbit. Ancora una volta Cubbit si propone come enabler per riuscire in Italia a rendere i dati sempre più accessibili, sicuri e disponibili”.