L’Emilia-Romagna è stata considerata fino ad oggi una tra le regioni italiane all’avanguardia nel campo della terapia con radioligandi (RLT), che rappresenta una forma di terapia medico nucleare di precisione capace di riconoscere e trattare in modo specifico varie tipologie di malattia.
Tutto ciò è reso possibile dalla presenza nel territorio regionale di quattro centri di altissima specializzazione, dall’IRST “Dino Amadori” di Meldola all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, dall’IRCCS di Reggio Emilia all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, che attraggono pazienti anche fuori dal territorio regionale. A questi, si aggiunge una rete di altri centri specializzati nella diagnostica medico-nucleare, che erogano prestazioni di PET con traccianti quali il PSMA o il DOTATOC, che risultano indispensabili per avviare il paziente al percorso della RLT.
Le figure coinvolte nel progetto “Make RLT Reality”
Per fare il punto sulla situazione dei centri per l’oncologia di precisione e la terapia radioligandi nella regione, si è svolto a Bologna il tavolo tecnico del progetto “Make RLT Reality”, realizzato da Advanced Accelerator Applications – AdAcAp, azienda parte del gruppo Gruppo Novartis, in collaborazione con Edra, con lo scopo di definire i percorsi da mettere in atto per la corretta gestione della RLT sul territorio regionale.
All’incontro, accanto a Mattia Altini, Responsabile Assistenza Ospedaliera Regione Emilia-Romagna, erano presenti: Stefano Fanti, Direttore di Medicina Nucleare del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, Valentina Di Iorio, Radio farmacista IRST “Dino Amadori” Meldola, Giuseppe Longo, Direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena – Coordinatore del Gruppo Regionale Farmaci Oncologici (GREFO), Lorenzo Maffioli, Direttore Generale IRST “Dino Amadori” Meldola, Federica Matteucci, Direttore Medicina Nucleare IRST “Dino Amadori” Meldola & Medicina Nucleare AUSL Romagna, Carmine Pinto, Direttore di Struttura Complessa Oncologia Medica Provinciale, AUSL-IRCCS Reggio Emilia e Lidia Strigari, Direttore Fisica Medica Policlinico di Sant’Orsola Bologna.
L’intervento del Responsabile dell’Assistenza Ospedaliera della Regione Emilia-Romagna
“I temi trattati oggi dimostrano che la medicina nucleare possiede un grande potenziale innovativo”, ha dichiarato Mattia Altini, Responsabile Assistenza Ospedaliera Regione Emilia-Romagna. “Stiamo assistendo ad una significativa evoluzione del sistema che apre prospettive importanti per l’utilizzo di questa terapia per il trattamento di un numero sempre crescente di patologie. L’ Emilia-Romagna è pronta a raccogliere le sfide organizzative che si aprono con queste nuove frontiere di terapia. In particolare riteniamo che sarà fondamentale favorire l’ulteriore sviluppo dei centri di eccellenza nella ricerca e nell’innovazione tecnologica già presenti in Emilia-Romagna e il loro inserimento sempre maggiore nella Rete Oncologica Regionale. Inoltre, sarà necessario tenere conto dell’impatto economico di queste terapie nell’allocazione delle risorse nei budget regionali e soprattutto a monte in quelle che saranno i fondi che verranno messi a disposizione da parte del fondo sanitario nazionale”.
Da parte loro, i professionisti oncologi e medici di Medicina Nucleare che hanno preso parte al progetto “Make RLT Reality” in Emilia-Romagna, hanno sottolineato come sia necessario intervenire al più presto per prepararsi a fronteggiare un maggior numero di richieste di accesso alla terapia con radioligandi che potrebbe arrivare già nel corso del 2024. Con la nuova indicazione della RLT nel Carcinoma Prostatico metastatico Resistente alla Castrazione (mCRPC), che si aggiunge a quella nei Tumori Neuroendocrini (NET), si stimano circa 200 nuovi pazienti l’anno nella sola Regione Emilia-Romagna, senza considerare le difficoltà che ci potrebbero essere per le liste d’attesa.
“Qualora la domanda dovesse aumentare in modo esponenziale, diventerebbe necessario rivedere l’intera gestione dei pazienti; la possibilità di lavorare in regime di day hospital o ambulatoriale potrebbe essere utile anche ad attutire i costi e a garantire quindi un migliore accesso alle cure”.
Gli obiettivi del progetto dell’Emilia-Romagna
Il tavolo Emilia-Romagna di “Make RLT Reality” ha proposto quindi l’adozione di una serie di misure affinché i centri non si trovino impreparati di fronte alla crescente domanda di terapia con radioligandi:
- istituire un PDTA che renda omogeneo il patient journey a livello regionale e un registro dei pazienti immessi nel percorso terapeutico;
- razionalizzare le risorse umane, incentivando meccanismi di task-shifting;
- nell’ottica della somministrazione in regime ambulatoriale, individuare eventuali posti letto destinati alla gestione delle urgenze;
- considerare il prevedibile aumento della platea, che potrebbe superare l’attuale capacità del sistema regionale;
- risolvere il problema della mobilità sanitaria tra Regioni;
- usare la ricerca in modo produttivo, obiettivo ritenuto raggiungibile grazie alle strutture di eccellenza presenti in Emilia-Romagna;
- rivedere la programmazione del budget sanitario, alla luce delle innovazioni in arrivo.
Dichiarazioni
Stefano Fanti, Direttore di Medicina Nucleare del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, dichiara: “In primo luogo, è necessario implementare ulteriormente l’organizzazione del sistema, avvalendosi della Rete Oncologica Regionale, ufficializzata un anno fa. Da questo punto di vista la RLT potrebbe rappresentare il primo vero test portando alla creazione di un Team Multidisciplinare Regionale per la presa in carico del paziente, di Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) regionali e di un Registro dei pazienti sottoposti alla terapia. In questo modo l’Emilia-Romagna si proporrebbe a pieno titolo come un modello di riferimento per tutte le Regioni che non hanno expertise specifico per la somministrazione della RLT, come quelle del versante adriatico”.
Carmine Pinto, Direttore di Struttura Complessa Oncologia Medica Provinciale, AUSL-IRCCS Reggio Emilia, inoltre, ha messo l’accento sulla necessità di “delineare un patient journey preciso, tramite la condivisione di processi e criteri di accesso e di appropriatezza prescrittiva che dovranno essere omogenei a livello regionale e aggiornati periodicamente. Un compito che può essere svolto efficacemente solo dai GOM, (Gruppo Oncologico Multidisciplinare), insieme ai colleghi della Medicina Nucleare”.
Giuseppe Longo, Direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena – Coordinatore del Gruppo Regionale Farmaci Oncologici (GREFO), afferma che “sarà utile avere un PDTA regionale per facilitare l’accesso alla terapia”.