L’emergenza Covid-19 ha messo alla prova la tenuta della Sanità italiana, evidenziandone lacune e ritardi, ma ha anche accelerato la trasformazione digitale e organizzativa verso un modello di Connected Care.
A dirlo sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano condotta sulla Connected Care nell’emergenza Covid-19, presentata di recente al convegno online “Connected Care ed emergenza sanitaria: cosa abbiamo imparato e cosa fare adesso?”.
Stando a quanto emerso, nel pieno della pandemia, oltre metà delle strutture sanitarie italiane ha introdotto procedure organizzative per consentire ai dipendenti di lavorare in modalità agile. Il 51% dei medici di medicina generale ha lavorato da remoto e giudica positivamente l’esperienza, sia per quanto riguarda la condivisione delle informazioni che per la capacità di rispondere alle richieste urgenti.
Sono cadute barriere e pregiudizi sul digitale: se già prima dell’emergenza il 56% dei medici di medicina generale e il 46% degli specialisti usavano WhatsApp per comunicare con il paziente, in futuro ben il 69% dei MMG e il 60% degli specialisti vorrebbero utilizzare piattaforme di collaboration o piattaforme dedicate.
È cresciuta l’attenzione verso la Telemedicina, fondamentale secondo tre medici specialisti su quattro nella gestione dell’emergenza, e anche sull’Intelligenza Artificiale, ritenuta utile per aumentare la personalizzazione delle cure, anche se ancora poco utilizzata dai medici.
Come riferito in una nota ufficiale da Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità: «In un momento così delicato per il Paese e di così forte pressione su medici e ospedali, le tecnologie digitali possono fare la differenza in tutte le fasi di prevenzione, accesso, cura e assistenza dei pazienti, per aiutare il personale sanitario nelle decisioni cliniche e le strutture sanitarie nella continuità di cura e nell’operatività. L’emergenza è l’occasione per sperimentare soluzioni che valorizzino al massimo i benefici: contenere il contagio, ridurre le ospedalizzazioni, gestire i pazienti sul territorio. Ma anche per ridisegnare i modelli di cura accelerando la transizione verso un modello di sanità più connesso, sostenibile e resiliente».
Gli aspetti più rilevanti coperti dalla tecnologia
Dal punto di vista tecnologico, gli elementi più delicati sono stati la necessità di disporre di strumenti digitali per garantire al personale di lavorare in modalità agile (ad esempio, il PC portatile), indicato dall’89% del campione e su cui solo il 6% si riteneva pronto, e i problemi di Cyber Security (87%), per i quali il 53% credeva di disporre di soluzioni adeguate, ma che sono stati accentuati dal ricorso al lavoro agile e quindi all’accesso da parte del personale dell’azienda a reti non protette attraverso strumenti e device personali.
Altrettanto rilevanti in questa fase sono state le piattaforme di comunicazione e collaborazione per il personale (84%), presenti diffusamente solo nel 19% del campione, e gli strumenti mobile (tablet, smartphone, ecc.) per il personale sanitario (79%). Per migliorare la propria dotazione tecnologica, il 39% delle aziende ha introdotto o potenziato le piattaforme di comunicazione e collaborazione, il 31% ha inserito gli strumenti per consentire lo smart working e il 30% ha fornito strumenti mobile al personale, solo il 6% ha potenziato le proprie soluzioni di Cyber Security.
L’impatto del Covid-19 sul lavoro dei medici vista dalla FIMMG
L’emergenza Covid-19 ha costretto i Medici di Medicina Generale (MMG) a ridurre i flussi di pazienti presso lo studio e aumentare la propria reperibilità telefonica. Un sondaggio condotto su un campione di 740 MMG dall’Osservatorio in collaborazione con la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) evidenzia che proprio il consulto telefonico è stata l’attività più impattata dall’emergenza (indicata dal 93% del campione), seguita dalla necessità di riorganizzare le attività dello studio per limitare il contagio (86%), dalla modifica della relazione con il paziente (75%) e delle modalità di valutazione clinica dei problemi (73%) e dal bisogno di utilizzare più di un canale per gestire il rapporto col paziente (72%).
Il 51% dei MMG intervistati ha lavorato da remoto durante l’emergenza e nel complesso l’esperienza è stata positiva sia per quanto riguarda la condivisione delle informazioni (63% dei MMG) sia rispetto alla capacità di rispondere a richieste urgenti (63%), mentre la difficoltà principale è stata conciliare lavoro e vita privata (il 38% ha valutato negativamente questo aspetto). Il 40% dei medici di famiglia ritiene che questa esperienza sarà utile anche a emergenza finita, a patto che siano potenziati gli strumenti per lavorare da remoto e comunicare con i pazienti.
Gli strumenti digitali di cui i medici di famiglia hanno sentito più bisogno in questa fase sono stati lo smartphone per comunicare con i pazienti e con altri medici (indicato dal 72%), il PC portatile (61%) e i servizi per accedere alle applicazioni e ai documenti da remoto attraverso VPN (60%), seguiti da strumenti per la condivisione e archiviazione di documenti (51%), soluzioni di virtualizzazione di desktop e applicazioni (48%), tablet (47%) e strumenti per le call-conference (41%). La maggior parte disponeva di smartphone (88%) e PC portatile (73%), mentre solo il 47% aveva accesso a una connessione di rete sicura (VPN), il 27% agli strumenti di call-conference e il 23% a quelli per la virtualizzazione di desktop e applicazioni. Gli strumenti su cui vorrebbero investire in futuro sono proprio le VPN (74%, +27%), le applicazioni per la condivisione e archiviazione dei documenti (78%, +19%) e quelle per le call-conference (62%, +35%) e la virtualizzazione del desktop (55%, +32%).
Per Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità: «L’emergenza sanitaria ha segnato una transizione importante nell’opinione dei medici rispetto agli strumenti digitali di comunicazione con il paziente, soprattutto verso quelli più innovativi come le piattaforme di collaboration e quelle dedicate. Oltre al 13% dei MMG e al 23% di medici specialisti che utilizzavano già questi strumenti e vorranno farlo anche in futuro, rispettivamente ben il 56% e il 37% dei medici che non avevano mai usato questi strumenti si è convertito e intende farlo in futuro, anche se sono ancora molti i medici contrari (31% degli MMG e 40% degli specialisti). Affinché si possano diffondere in futuro sarà molto importante che sia il medico stesso a proporre questo tipo di piattaforme ai propri pazienti, in aggiunta ai canali fisici e tradizionali».
Il ruolo della Telemedicina
Rimasta a lungo poco diffusa e a livello di semplice sperimentazione, la Telemedicina stava già crescendo nel 2019, ma con l’emergenza sanitaria ha registrato un vero e proprio boom di interesse fra gli operatori del settore.
I medici di medicina generale sono i più convinti: uno su tre già utilizzava almeno una soluzione di Telemedicina prima dell’emergenza, il 62% di quelli che non la applicavano lo farà in futuro e solo il 5% è contrario. Tre specialisti su quattro ritengono che la Telemedicina sia stata decisiva nella fase di emergenza, ma ancora il 30% di loro si dice contrario al loro uso, contro il 34% che già li utilizzava e il 36% che si è convinto dei benefici e intende applicarli in futuro.
I servizi di Telemedicina che più attirano l’interesse dei medici sono il Tele-consulto con uno specialista (88% degli MMG, 64% dei specialisti), il Tele-consulto con un medico di medicina generale (76% MMG, 52% specialisti) e il Tele-monitoraggio (74% MMG, 47% specialisti), seguiti dalla Tele-Assistenza (72% MMG, 32% specialisti) e dalla Tele-Cooperazione (60% MMG, 47% specialisti). Mediamente, secondo i Medici di Medicina Generale, si potrebbe svolgere attraverso strumenti digitali il 30% delle visite a pazienti cronici e il 29% delle visite ad altre tipologie di pazienti, mentre per i medici specialisti queste percentuali scendono rispettivamente al 24% e al 18%.
Un cittadino su tre vorrebbe sperimentare una Tele-Visita con il proprio medico generale, il 29% con uno specialista, un altro 29% un Tele-Monitoraggio dei propri parametri clinici e uno su quattro proverebbe una video chiamata con uno psicologo. Per i cittadini non interessati a queste applicazioni, il principale motivo è la preferenza a incontrare il medico di persona (59%).
L’Intelligenza Artificiale nell’emergenza
Secondo il 60% dei medici specialisti le soluzioni di AI possono avere un ruolo fondamentale nelle situazioni di emergenza, per il 59% consentono di rendere i processi delle aziende sanitarie più efficienti, il 52% crede che aiutino a personalizzare le cure, il 51% che le renda più efficaci e il 50% che contribuisca a ridurre la probabilità di errori clinici. Tuttavia, sono ancora pochi i medici specialisti che utilizzano queste tecnologie: solo il 9% le usava prima del Coronavirus e appena il 6% lavora in una struttura che le ha introdotte o potenziate durante l’emergenza.
Per aumentarne l’impiego è importante sviluppare conoscenze e competenze adeguate e condividere esperienze e benefici di queste soluzioni: il 62% dei medici specialisti, infatti, ritiene che sia più facile realizzare progetti di AI se altre aziende e medici li hanno già attivati, il 58% è più propenso a utilizzarle se ne conosce le logiche. Dall’altro lato, solo il 26% dei medici dichiara di avere le competenze adatte per impiegarle e il 22% che sono presenti competenze adatte per realizzare questi progetti nella struttura sanitaria in cui lavora.