Giovanni Bonini ha diretto un progetto di riorganizzazione presso il centro per le operazioni dell’Agenzia Spaziale Europea, a Darmstadt. È autore di un libro di Project Management e competenze trasversali (Soft Skills). È ora disponibile la versione cartacea tradizionale del suo secondo libro, in precedenza acquistabile solo in formato elettronico (E-Book). “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi” (ISBN: 978-88-31221-23-8) è dedicato ai 16 punti per la ripartenza dell’Italia e di molte altre Nazioni. Il taglio è quello, pratico e operativo, che ha caratterizzato anche la sua opera precedente. Questa volta, Giovanni Bonini si è affidato a Editoriale Delfino, che ha condiviso l’approccio valoriale alla base del libro. Secondo l’autore, non arriverà qualcuno che, con una bacchetta magica, sistemerà le cose. Al contrario, servirà un approccio diverso, un cambio di mentalità basato su una nuova alleanza fra Stato e cittadini, anzi tra questi e l’Europa tutta. Avendo vissuto anche in Germania, Giovanni Bonini ha avuto modo di confrontarsi con la realtà tedesca. Per questo, è stato recentemente intervistato dal Corriere d’Italia (pubblicazione italiana in Germania).
Ingegnere, è stata importante la sua esperienza a Darmstadt?
“Vorrei ringraziare Sanità Digitale per il sostegno a quest’iniziativa culturale, poiché è indispensabile avere una strategia chiara e ben definita, se vogliamo ripartire. Per questo, serve un cambio di rotta. Ciò premesso, la risposta è sicuramente affermativa, perché in Germania si vive e lavora molto bene. Il confronto tra differenti mentalità è indispensabile per la crescita. Non a caso, nel mio nuovo libro, ci sono tantissime fotografie che ho scattato a Darmstadt, dove è rimasta una parte del mio cuore”.
Eppure, fra Italia e Germania, ultimamente c’è stato un rapporto non particolarmente idilliaco, proprio in seguito alla pandemia e in relazione alle inevitabili ripercussioni economiche. Che cosa ne pensa?
“Si tratta di un tema importante, discusso anche nel mio “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi”. La Brexit ha ufficializzato quel calo di gradimento e consensi legato al fatto che l’Europa esiste, ma solo sulla carta e soprattutto dal punto di vista dell’austerità economica. Non è presente, però, nel cuore e nelle menti dei suoi cittadini. In un mondo globalizzato, fa sorridere sentir parlare d’Italiani e Tedeschi. Preferirei chiamarli Europei. Anche perché, dal mio punto di vista, non ci sono alternative all’Unione (purché funzioni sul serio). La principale minaccia, già attuale ma ancor più marcata nel medio – lungo periodo, è l’espansionismo cinese. Rispetto alla Germania, l’Italia è poco incline alla pianificazione strategica. Tuttavia, in Oriente, terra in cui fu scritto “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu, c’è qualcuno che persegue una strategia multicanale con attenzione e dedizione. In un contesto globalizzato, nel quale, però, le regole non sono uguali per tutti, nessuna potenza europea è o sarà capace di tener testa alla Cina, forte di una popolazione maggiore di quella dell’Europa tutta. Quindi, la sopravvivenza nel medio – lungo termine richiede che già oggi si prendano delle decisioni coraggiose, puntando sulla solidarietà, anziché pensare alla supremazia in Europa. Mentre sentiamo parlare di Eurobond, MES e Privacy, c’è chi si arma fino ai denti, acquisisce e controlla molte delle nostre aziende e, sfruttando la nostra disattenzione e avidità, è riuscito a instaurare una dipendenza dall’Oriente. Grazie a COVID-19, abbiamo improvvisamente “riscoperto l’acqua calda”, perché ci siamo ricordati che non si deve esternalizzare ciò che è strategico, come le famose mascherine, indipendentemente dal fatto che siano chirurgiche o FFP3/N95. Ciò che è strategico va fatto e tenuto in casa e la nostra casa comune deve essere l’Europa, anche se non è stata capace di proteggere i nostri mercati (e, quindi, pure le nostre aziende) dall’invasione del Made in China (prima) e i suoi cittadini dal virus SARS-CoV-2 (poi), che sempre dall’Oriente sembra provenire. Singolarmente, COVID-19 ha fatto molti più danni qua e negli Stati Uniti che là, almeno in apparenza e stando ai dati ufficiali”.
Quindi, sembra di capire che il vero problema non è Eurobond o MES, bensì il fatto che guardiamo nella direzione sbagliata, troppo legati ai vari interessi nazionali o di parte. Giusto?
“Esattamente. Del resto, una pandemia va affrontata lavorando tutti insieme, con una regia comune di alto livello. Proprio perché è un problema di tutti, servono unità e collaborazione, lasciando da parte i vari egoismi o interessi di parte. Nel corso degli anni, non siamo riusciti a pianificare e prepararci, nonostante fosse praticamente certo che, prima o poi, ci sarebbe stata una pandemia. Come spiego nel libro, di avvisaglie ce ne sono state fin troppe. Chi ci ha amministrato e diretto non può invocare la sfortuna o le solite cause di forza maggiore. Lo stesso vale per i nostri imprenditori. Servono visione d’insieme, coordinamento e una comunicazione che funzioni, basata sul principio di una sola fonte di verità. Quanto al discorso Eurobond, avendo vissuto e lavorato in Germania, seppur per breve tempo, ho un po’ sofferto per gli attriti che ci sono stati. Penso che qualcuno, nei palazzi del potere tedeschi, abbia scordato l’Abkommen über deutsche Auslandsschulden e il Londoner Schuldenabkommen del 1953. Senza la parziale cancellazione del debito di guerra, accordata, fra gli altri, anche dall’Italia, forse la Germania non sarebbe diventata il Paese che conosciamo oggi. Pare quasi che i Tedeschi abbiano un po’ seguito l’agio napoletano “Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto”. Del resto, bisogna riconoscere che il debito pubblico italiano è un po’ da irresponsabili e non può essere un problema da demandare alle generazioni future, cioè ai nostri figli. Quindi, i timori della Germania e il modo in cui, a volte, l’Italia viene vista dalle altre Nazioni hanno un piccolo fondamento di verità. La soluzione è a portata di mano: basta venirsi incontro. Può darsi che ai Tedeschi serva un po’ di cuore italiano, agli Italiani un po’ di mentalità tedesca”.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: a chi si rivolge questo suo secondo libro. Cioè: per chi ha scritto “COVID-19, 16 passi per uscire dalla crisi”? Politici, imprenditori, aziende, Manager, personale sanitario, studenti o ragazze/i della porta accanto?
“In realtà, per tutti, proprio perché serve una nuova mentalità vincente condivisa, affinché ciascuno possa dare il suo contributo, remando tutti nella medesima direzione. Al momento, il libro è solo in Italiano, ma il vero Target dovrebbe essere l’Europa tutta”.
Giovanni Bonini, è vero che, anche grazie all’approccio pratico di cui parla nel libro, costellato di numerosi esempi, lo ha scritto in un solo mese?
“Mi sono messo in contatto con Editoriale Delfino il 3 aprile e ho concluso la stesura il 3 maggio. Un progetto editoriale di questo tipo richiede impegno e dedizione, oltre a un approccio gestionale capace di fare la differenza. Quello stesso approccio che serve a Italia, Germania ed Europa. Devo ringraziare il Professor Marco Noro dell’Università di Padova (per la Prefazione) e Andrea Accomazzo, che vive e lavora in Germania, a capo delle missioni interplanetarie dell’Agenzia Spaziale Europea. L’ho intervistato per trarre le Conclusioni. I miei genitori si sono prestati al ruolo di correttori di bozze, mio fratello mi ha supportato dal punto di vista logistico, mentre Myriam Masiero si è occupata della grafica per Editoriale Delfino, che ringrazio tantissimo per l’estrema attenzione e il supporto. I progetti di successo, infatti, sono sempre basati sul gioco di squadra”.
Dove si può leggere il suo libro?
“Oltre all’E-Book di 122 pagine, è ora acquistabile anche la versione cartacea tradizionale di sole 96 pagine (formato 15 x 21 cm), per salvare un po’ di alberi e preservare l’ambiente. Può essere ordinata in libreria o acquistata nel sito della casa editrice”.
Ha altro da aggiungere, adesso che si apre la Fase 2?
“L’unione fa la forza. Atteniamoci alle regole igieniche e di distanziamento sociale. Ne usciremo. Facciamo tesoro degli errori commessi, se vogliamo migliorare. Viviamo e lavoriamo senza ansie, ma non dobbiamo assolutamente commettere l’imperdonabile errore di abbassare la guardia. Fondamentale evitare inutili assembramenti