Giovanni Bonini, esperto di Project Management e autore del libro “Da GanttProject alle Soft Skills”.
Ingegnere, che cosa farebbe, se fosse chiamato a gestire un’emergenza del genere?
“Intanto, bisognerebbe capire il livello al quale sarei (ma dovrei dire: “Sarei stato”) ipoteticamente coinvolto, trattandosi di un’emergenza planetaria. La ricerca operativa insegna che ben difficilmente l’ottimo globale è la somma degli ottimi locali. Quindi, sarebbe auspicabile una regia a livello mondiale o, almeno, europeo.
Secondo me, a gennaio era già evidente il potenziale pandemico del virus SARS-CoV-2, quando ancora veniva chiamato 2019-nCoV. Forse, le buone pratiche di Project Management sono state un po’ le grandi assenti, anche perché avremmo già dovuto avere un Repository con dei Template pronti all’uso, con tanto di Communication Plan, Risk Management Plan, Process Map e RACI Matrix, per sapere già, fin da subito, “Who Owns What”.
In un contesto in cui un virus può raggiungere ogni zona del pianeta in ventiquattro ore o poco più, l’Early Warning e la rapidità di risposta globale possono realmente fare la differenza.
Non so se, da qualche parte, ci fosse un Repository del genere, anche se, prima dell’attuale cartellino rosso, la Natura ce ne ha concessi ben due gialli, che avrebbero dovuto farci trovare ben preparati e pronti a gestire l’emergenza COVID-19: prima la SARS e poi la MERS, entrambe causate da altrettanti Coronavirus.
Un aspetto fondamentale nella gestione di un’emergenza del genere è legato alla celere identificazione del Project Management Team, capace di racchiudere tutte le competenze richieste: anche la sua composizione (per ruoli) dovrebbe essere in uno o più Template, da adattare alla particolare situazione, distinguendo il problema dalle sue istanze.
L’approccio deve essere necessariamente multidisciplinare, per cui, nel Project Management Team, non devono esserci solo esperti di epidemiologia e virologia, ma anche di comunicazione (interna ed esterna), economia, psicologia, sociologia, gestione degli Stakeholder, statistica e logistica.
La chiave di volta è proprio il buon Project Management: se manca quello, ben difficilmente si può affrontare l’emergenza con efficacia ed efficienza. Non dimentichiamoci che molte guerre sono state perse proprio per via della logistica o a causa di una gestione non adeguata.
Per esempio, è fondamentale identificare fin dal primo istante i potenziali colli di bottiglia, in modo tale da rilassare i vincoli attesi. Nel caso in esame, a gennaio era già evidente la criticità della terapia intensiva, oltre all’esigenza di proteggere adeguatamente tutto il personale medico e infermieristico, per mandarlo al fronte con dei dispositivi adeguati.
L’aumento dei posti in terapia intensiva non si ottiene con la bacchetta magica e non avviene istantaneamente: c’è un Lead Time per le apparecchiature e ci sono dei tempi tecnici sia per reclutare il personale sia per il relativo Training.
Un tema fondamentale, nell’ambito del Project Management, è la Lesson Learned: abbiamo avuto l’esempio della Cina. Forse, però, non ne abbiamo fatto tesoro come avremmo potuto e dovuto.
In Cina, è mancato l’Early Warning e c’è stata una sottovalutazione iniziale, con la conseguente perdita di un tempo estremamente prezioso, proprio perché eravamo ancora nella fase iniziale dell’Outbreak. Però, capita la gravità della situazione, sono subito corsi a realizzare nuovi ospedali, abbinati a drastiche misure di contenimento, che sono state imposte, più che chieste”.
Giovanni Bonini, nella precedente intervista, ha insistito sulla necessità di evitare l’interruzione dei servizi essenziali. Parla dell’importanza del Project Management Team: è un servizio essenziale?
“In una situazione del genere, direi proprio di sì. Anzi, forse, è il più essenziale di tutti. Quindi, va protetto. Questo significa che, per minimizzare e virtualmente azzerare il rischio di contagio, il Project Management Team dovrebbe costituire una sorta di sistema isolato, che interagisce con il mondo esterno soltanto tramite i moderni strumenti ICT. Inoltre, per ciascun membro del Project Management Team, andrebbe nominato un Deputy, cioè una figura di Backup.
Nel nostro caso, per esempio, pur non avendo un gran numero di posti in terapia intensiva, possiamo contare su ben tre portaeromobili (contro le due della Cina): una di queste avrebbe potuto (e, forse, dovuto) essere trasformata in un centro di comando e controllo per la gestione dell’emergenza, prendendo il largo prima che il contagio si espandesse. Adesso, infatti, potrebbe essere troppo tardi. In questo modo, la continuità del servizio sarebbe stata garantita”.
Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Secondo lei, qual è il principale problema da risolvere immediatamente?
“Di fatto, quella che stiamo vivendo è una guerra a tutti gli effetti. Negli ultimi decenni, in ambito militare, si è investito molto per sviluppare al meglio la tecnologia Stealth, al fine di ridurre la segnatura acustica, radar e termica.
Purtroppo, questa volta, il nemico da battere è più Stealth di qualsiasi sistema d’arma da me conosciuto: è completamente invisibile ai nostri occhi, molto veloce e in continua mutazione, per cui è un po’ come sparare a un bersaglio mobile. Sfortunatamente, il fatto di non sentire il fischio delle pallottole o i colpi di cannone fa sì che la gente abbassi troppo la guardia e si senta al sicuro, mentre, in realtà, siamo tutti in prima linea.
Chi ci amministra e governa si è appellato al nostro senso civico e di responsabilità, credendo in noi e dandoci fiducia. Una fiducia che, con dei comportamenti non sempre appropriati, abbiamo in parte tradito. Ribadisco quanto già detto: il panico non serve, ma l’intelligenza sì.
Se le scuole sono state chiuse, non è per consentire agli studenti di affollare i locali, andare in vacanza, oppure organizzare delle feste da sballo. Infatti, non sono in vacanza, ma anche loro in guerra. Vuoi andare in montagna con un’amica o un amico? Vacci (salvo indicazione contraria da parte delle Autorità competenti) con due auto diverse, una per ciascuno, e mantieni sempre, durante la passeggiata, una distanza non inferiore a due metri, evitando tutti i luoghi affollati e limitando al massimo ogni possibile occasione di contatto. Se, poi, riesci a stare in casa, meglio ancora: la montagna mica scappa!
In situazioni come quella che stiamo vivendo, i familiari, gli amici e i conoscenti non sono meno pericolosi dei perfetti sconosciuti e, se portiamo il virus dentro le mura di casa, mettiamo a repentaglio la vita di tutto il nucleo familiare. Hai la fidanzata? Benissimo! Dalle un colpo di telefono, oppure usa una delle tante applicazioni per videochiamate. La rivedrai quando sarà finita, tanto il mondo va avanti lo stesso. Non mettere a repentaglio la sua e la tua vita, oltre a quelle dei vostri cari. Io non sono preoccupato per il virus, bensì per alcuni comportamenti che ho visto (non solo nei giovanissimi, purtroppo), facendomi vergognare di appartenere al genere umano”.
Caspita! Ingegnere, non starà esagerando?
“No, perché i piccoli sacrifici che ci vengono chiesti non sono minimamente confrontabili con ciò che passarono i ragazzi del ’99 e tutti coloro che persero la vita sul Pasubio, sulle Piccole Dolomiti o sull’Altopiano dei Sette Comuni, uccisi dal nemico o dai rigori dell’inverno, nel corso della Grande Guerra. Ciò nonostante, molti di noi non vogliono saperne, esponendo sé stessi e tutti gli altri a inutili rischi.
Gli Italiani possono certamente farcela, in maniera semplice e quasi indolore. Ci sono state date e ridate delle regole da rispettare, con un appello al nostro senso civico, visto che viviamo in una Democrazia. Quello che dobbiamo fare è rispettare tutte queste disposizioni in maniera esemplare e alla lettera, senza forse e senza ma. Dobbiamo essere dei soldati che eseguono gli ordini, senza alcuna eccezione, discussione od obiezione.
Nessuno deve pensare di essere più furbo degli altri o del virus e tutti dobbiamo proteggere soprattutto i più deboli e chi è maggiormente in difficoltà o a rischio: è inaccettabile che a qualcuno si debba staccare la spina soltanto perché, con i nostri comportamenti, abbiamo favorito la diffusione del virus. Dal mio punto di vista, non è molto diverso dal premere il grilletto per uccidere qualcuno.
La paura di contagiare deve superare quella di essere contagiati. Mettiamola in questi termini: all’Estero, a volte, noi Italiani siamo visti in una certa maniera. Adesso, abbiamo l’opportunità, forse irripetibile, di far vedere chi siamo realmente, ma dobbiamo necessariamente dimostrarlo con i fatti, non con le parole. Contano i risultati ed è in base a essi che saremo valutati e giudicati”.
C’è qualcuno che vorrebbe ringraziare?
“Tutti coloro che si stanno facendo in quattro per sconfiggere un virus che, anche grazie ai nostri comportamenti, sta mettendo in seria difficoltà la Società, il Sistema Sanitario Nazionale e l’Economia. Se non ci diamo subito una bella regolata, molte altre persone perderanno la vita o il lavoro. Ormai, i buoi sono scappati fuori dal recinto e dobbiamo accettarlo: spetta a tutti noi limitare la circolazione del virus e soltanto noi possiamo farlo, dando più tempo ai ricercatori per la messa a punto di farmaci e vaccini, molti dei quali non sono poi così lontani dalla sperimentazione clinica. Ciò che abbiamo visto in Borsa è solo in parte giustificato, perché il COVID-19 non è e non sarà la fine dell’Italia o degli Italiani e, dopo il temporale, torna sempre il sereno. Però, è nelle acque torbide del mare in tempesta che sguazzano gli speculatori: per favore, non facciamo il loro gioco”.
“Il lento ma progressivo aumento della mortalità percentuale in Italia, in base ai dati della Protezione Civile. Si noti che, qualora il numero di casi postivi fosse maggiore o molto maggiore di quello qui riportato, per via di eventuali casi non diagnosticati, i valori nell’ultima colonna sarebbero più bassi. Quindi, sono da ritenersi affetti da incertezza, anche perché la causa del decesso non è stata effettivamente stabilita in tutti i casi riportati”.